19 Aprile 2024
Italic

Patetica (?) nostalgia del “bianco e nero”

Sarà l’età, saranno i sensi affaticati, saranno occhi e cervello stanchi dai continui messaggi digitali, dalle ormai interminabili connessioni, dalle immagini in eterna diretta o, forse, più semplicemente, saranno i  primi segni di un fisiologico rimbambimento senile, ma confesso di provare una certa -patetica se volete- nostalgia per il bianco e nero, per i tempi ovattati e lenti, per il tavolo in formica in cucina, il mettitutto; la televisione con tre canali, quando le fiction si chiamavano sceneggiati; per tutte le partite la domenica pomeriggio, per la cena con il brodo. Sarà per questa avvolgente nostalgia che devo confessare una certa simpatia per il nuovo Presidente del Consiglio. Dopo questi ultimi anni di esuberanza giovanilista, effetti speciali, slides, tweet, post, tablet, smanettamenti compulsivi su smartphone,  dichiarazioni urlate, saccheggio dei superlativi, abusi della frase “mai prima di oggi” in una sorta continua guerra col passato, di vestiti da copertina, di calzini in bella mostra, di maniche di camicia sudate, di schiamazzi, frizzi e lazzi, di vaffa, di gufi, di streaming, gargarismi con la parola “cittadini”, consultazioni online, francamente mi piace quella democristiana compostezza del Presidente Gentiloni, il suo loden verde, la pettinatura demodè (quanti ancora usano la divisa nel mezzo?), gli occhiali che sanno di secchione; mi piace quel parlare con tono dimesso, rispettoso, puntuale ma mai appuntito. Così come rasserena la sobrietà grigia ed impacciata del Presidente della Repubblica; è un po’ come il torpore piacevole delle sere d’inverno davanti alla stufa a legna, quando si confondevano i vapori di monossido di azoto ed il cullare ozioso delle braci scoppiettanti. Con quei due Presidenti si respira il sapore antico e indubbiamente un pò noioso, ma tranquillizzante, delle tribune politiche -in bianco e nero- con Jacovelli o Zatterin; quel parlare ingessato ed ostico, che, però, sapeva di pensiero, di riflessione, di parole cercate prima e non inventate lì per lì per cogliere l’attimo, ovvero per spostare il consenso delle prossime ore, per cercare il colpo ad effetto. Naturalmente sto ragionando per eccesso; sto esagerando e provocando anche un pò, tuttavia mi piace l’idea (ma è certo anche una suggestione) che si restituisca alla politica il tempo; perchè è vero che serve decidere, tuttavia serve decidere prendendosi la pausa intensa dello studio, dell’approfondimento, del pensiero che sa diradare la nebbia del futuro o, quanto meno, la sfida con la solidità delle competenze, del dubbio e del ragionamento. Vale per la politica come vale per altri aspetti della vita. Non si può vivere in un presente eterno; in questa sorta di neo-marinettismo che ci ha come imprigionato dentro la velocità come unica condizione possibile per assumere una decisione, denigrando ogni attimo aggiuntivo come uno spreco, una “debolezza” da combattere:”…per giungere alla concezione futurista del provvisorio, del veloce e dell’ eroico sforzo continuo, bisogna bruciare la tonaca nera, simbolo di lentezza e fondere tutte le campane per farne altrettante rotaie di nuovi treni ultra-veloci…”.  Così ci troviamo immersi, impastati, impantanati in un presente che sembra non passare mai, un “qui ed ora” che da stimolo diventa condanna;  perchè non riesce a costruire un futuro comprensibile. Perchè si accontenta della gallina oggi. Noi anziani possiamo fuggire da questa prigionia del presente in un passato di patetica nostalgia. I giovani, invece, possono (un po’ dovrebbero) ascoltare qualcosa del nostro passato, studiarlo e valutarlo; però soprattutto hanno il dovere di fuggire il presente a caccia del futuro; devono sfidarlo, snidarlo e cercarlo. Sapendo, però, che serve conoscenza e pensiero, sedimento oltre che sentimento. Riflessione oltre che passione. Tempo oltre che velocità. Massa su pulviscolo. Perchè, nel suo abbandono disperato del mondo, nel suo vivere di lato, aveva un po’ ragione anche Fernando Pessoa quando raccomandava “…Siediti al sole/Abdica/Sii re di te stesso…”. Almeno qualche volta.