19 Aprile 2024
Movie

“Sully” (C. Eastwood, USA 2016)

Se non si trattasse di una storia vera caratterizzata anche da una consistente critica della freddezza delle gerarchie burocratiche, a dispetto della straordinarietà del fattore umano  (incarnato da un Tom Hanks di bravura metafisica, maschera canuta e baffuta, compostissimo eroe assoluto), verrebbe fatto di pensare che questo possa essere l’ultima costruzione narrativa di un Eastwood pacificato con se stesso (diciamolo: l’ultimo suo film), desideroso di mettere in scena un racconto di valore simbolico: il volo, il terrore, l’ammaraggio di emergenza, infine la salvezza: tutti salvi. Tutti salvi i passeggeri di quel volo dall’alto verso il basso, con l’acqua ad accoglierti,  che potrebbe rappresentare, come lo fu già nella pittura antica, il passaggio dalla vita alla morte.

Nel 2009, 155 passeggeri di un velivolo della US Airways vissero questa esperienza finita bene nell’Hudson, causata da uno stormo di uccelli che si schiantò poco dopo il decollo contro i motori. L’esperto pilota (Chesley Sullenberger, con il nomignolo Sully, è questo il ruolo interpretato da Hanks) diventa un personaggio ammiratissimo dall’opinione pubblica, insieme al suo co-pilota, ma ben presto una commissione di controllo, peraltro obbligatoria in caso di incidenti, lo sottopone a una inchiesta: era stato davvero necessario procedere all’ammaraggio (evidentemente poco gradito, per il clamore suscitato nei confronti della compagnia di bandiera) oppure si poteva tentare un’operazione di atterraggio di emergenza meno drammatica e avventata? Sully rischia il posto. L’ora e mezzo di questo film, che non è più di un bel racconto, intessuto di flash-back e punteggiato da scene che si rivedono più volte (sia ai fini della ricostruzione dei fatti durante l’inchiesta,  sia come indelebile ossessiva memoria di Sully), scorre dunque su una struttura tripartita: l’incidente e il suo lieto fine, l’inchiesta guidata da commissari poco simpatetici, con tanto di simulazioni informatizzate chiaramente contrapposte da Eastwood alla inventiva e al coraggio umano, e infine la serena risoluzione dell’inchiesta stessa, liscia come l’olio, quando ci si aspetterebbe il contrario: è questa la vittoria di Sully e del suo co-pilota (dei due è tratteggiata la salda e orgogliosa solidarietà), che hanno gioco a facile a dimostrare come la loro scelta era se non l’unica quella alla prova dei fatti più giusta e fortunata. Sully-Hanks non può rimanere tuttavia indenne da questa vicenda, e c’è qui l’unica sfumatura pessimistica dell’opera: c’è stato l’incubo, la soddisfazione e l’amarezza, comunque lo stress enorme, l’impatto di tutto questo su di lui e sul suo privato … Comunque sia, da vedere questa sorta di anti Airport 75.

 

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.