8 Dicembre 2024
Words

Il Trattato di Aquisgrana

L’accordo di Aquisgrana tra il malconcio Macron (che dovrà scontrarsi ancora con i Jilets Jaunes e molti altri scandali all’Eliseo) e l’ormai dimessa Angela Merkel, non è un’unione tra due perdenti – come spesso si dice in Italia, dove si esaltano troppo i processi elettorali – ma è il trattato tra due che vogliono vender molto cara la loro pelle.

Nel testo originale del 22 gennaio scorso, i due leader centro-europei si basano soprattutto sul vecchio accordo tra De Gaulle e Adenauer del 22 gennaio 1963, quando il cancelliere tedesco si mise motu proprio nella stessa fila dei “vincenti”. L’alleanza tra i due Paesi viene ritenuta ancora essenziale per una “Unione Europea unita, efficace, forte”. Entrambi i Paesi vogliono un mercato mondiale aperto, in evidente polemica contro gli Usa, mercato globale a cui Francia e Germania si rifanno per sostenere il multilateralismo e l’ONU. E qui arrivano le note davvero importanti.

Francia e Germania coopereranno moltissimo nell’ambito delle politiche militari e di sicurezza comune. Vogliono una “unione competitiva”, e qui è chiaro il sotto-testo: non vogliamo concorrenti da Sud che non siano integrati nelle nostre “catene del valore”. I due Paesi faranno convergere sempre di più le loro politiche di sicurezza e difesa, il che significa che Germania e Francia separeranno il Mediterraneo dalle loro aree davvero primarie nel futuro: l’Atlantico per Parigi e l’Est terrestre, verso la Russia, per Berlino. Nessun altro entrerà in questi spazi senza il loro permesso.

Il potere militare europeo sarà soprattutto il loro, ma con una ulteriore collaborazione rafforzata tra i due ministeri degli Esteri. Vi saranno scambi tra le loro delegazioni al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la Francia siede da “vincitore”, malgrado la Repubblica di Vichy, ma anche grazie al genio militare e politico di De Gaulle, ma vi saranno scambi istituzionali anche tra i loro uffici presso la NATO e tra altri organi (compresi, tra le righe, i loro Servizi) in tutte le altre organizzazioni internazionali rilevanti. Per questo fu buttato fuori il generale De Villiers, appena insediatosi Macron all’Eliseo. Il presidente bambino voleva fare subito la fusione tra Armée francese e la Bundeswehr tedesca, a cui il vecchio militare francese non credeva affatto.

Qui siamo già arrivati alla costruzione, tra i due partenaires, di una politica estera comune UE che esclude tutti gli altri. Salvo che non si accodino senza fiatare al Trattato di Aquisgrana.

Rafforzamento della collaborazione tra Berlino e Parigi anche nell’ambito della sicurezza interna, visti i recenti buchi delle loro intelligence sui territori nazionali. E i due Paesi vogliono anche un accordo più stretto tra Africa e Europa, che sarà evidentemente tutto a carico dell’Italia e, secondariamente, della Spagna, che gode già, comunque, di molti favori da parte di Berlino.

Soliti accordi, poi, inevitabili, sugli scambi culturali e accademici tra Francia e Germania, non sappiamo con quale passione da parte della rete francese delle Grandes Écoles. Fonderanno di nuovo anche le loro zone transfrontaliere, favorendo lo scambio linguistico e economico. La cerniera durissima della nuova Europa vincente, quella “renana”. E vi sarà anche un forte ravvicinamento delle due economie, con la fondazione di un “Consiglio franco-tedesco di esperti economici” che porranno di fronte ai due governi le soluzioni più efficaci, al fine di una sostanziale fusione dei due sistemi economici. Gli altri, tutti fuori.

Anche per quel che riguarda le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale e delle “innovazioni di rottura”. Vi sarà quindi, anche in questo caso, un “Forum per l’avvenire franco-tedesco”. Un membro del governo dell’un Paese parteciperà poi, una volta ogni tre mesi, alle riunioni di governo dell’altro. Potranno qui essere invitati anche i presidenti dei Länder o dei Dipartimenti.

E qui mi fermo, per non annoiare ulteriormente il lettore con aspetti tecnici di minore importanza. Ma sono chiari alcuni forti elementi geopolitici nuovi, per l’Unione Europea. Il Regno Unito (lo sapeva bene Gianni De Michelis, l’ultimo ministro intelligente agli Esteri) era fondamentale per noi. Egli sapeva che si doveva coprire l’Est, per l’Italia, e lui lo fece con la Pentagonale; e inoltre era inevitabile mantenere un rapporto strettissimo con la Gran Bretagna, contraltare evidente contro l’egemonia renana in Europa. Ora Londra è fuori e noi, che non abbiamo idee di politica estera da anni, ci stiamo ingoiando una solitudine marittima e terrestre che sarà foriera di grandi disastri.

Francia e Germania non hanno però un vero appeal militare all’estero, e qui la Francia dovrà fare le spese del debolissimo sistema di intelligence tedesco in Africa e altrove. “Buco” che prima erano le reti UKUSA di Londra e Washington (e, oggi, dell’Italia) a coprire, almeno al livello dell’intelligence elettronica e dei segnali.

D’ora in poi dovremo fare da soli, fregandocene dei diktat dei Poteri centrali europei, che da oggi sono ormai di fatto tutti dentro questo nuovo trattato franco-tedesco. Inutile piangere sul latte versato. È il momento di fare, coraggiosamente, da soli, senza mendicare accordi, come quello in Niger, o trattati bilaterali scritti sulla sabbia che saranno comunque sottoposti al nuovo regime di Aquisgrana. L’UE è comunque finita, nell’assetto pseudo-paritario che finora aveva assunto.

Un Trattato, poi, questo del 22 gennaio scorso, che è un chiaro e netto “no” agli Usa, sul piano militare e su quello geo-economico. Già, ma chi pagherà la bolletta NATO, quando gli Usa chiederanno, come hanno già fatto, un impegno maggiore per partner atlantici europei? Credono forse Parigi e Berlino, il primo con un esercito poco motivato ma nucleare, il secondo con una Bundeswehr al minimo, di poter sostituire credibilmente la minaccia Atlantica a Est e a Sud? E con quali soldi? Lo scambio tra polizie interne è, comunque, poco credibile. La Gendarmeria Europea, stabilita dal Trattato di Velsen del 2004 non è ancora partita, guarda caso. E in che lingue, e con quali regolamenti, visto che contrastare la camorra napoletana è cosa diversa che sparare ai jilets jaunes?

Ma sarà una cosa molto seria, e non priva di effetti gravi e di lunga durata, lo scambio del Seggio francese con i tedeschi nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Con questa scelta, sparirà l’Europa dal quadrante delle scelte geopolitiche future. E l’Italia, Paese sconfitto, ma meno della Germania (noi fummo, alla fine, “cobelligeranti”) per non parlare del festoso antisemitismo, che oggi si ripete, della Repubblica di Vichy?

E la Spagna, che si tenette Francisco Franco y Bahamonde fino al 1975? E anche la Grecia, che si è fatta sbancare dalla Germania tramite quel cagnolino di Tsipras, sinistrissimo ma ben carezzato da Angela Merkel, con il greco (o graeculo) partecipante al G20 di Genova tra i peggiori casseurs?

Vedremo presto la fine dell’UE a 28 Paesi, con una diarchia franco-tedesca che (magari poco credibile) detterà le norme e apparirà all’estero come l’unica Europa possibile.