Economia del coronavirus
Il Covid-19 è, ovviamente, un grave problema per l’economia italiana. Il fatto che sia implicato un settore come il turismo, di cui è difficile prevedere le oscillazioni e i flussi, ci rende difficile prevedere con efficacia la crisi. Il turismo potrebbe significare uno 0,6% in meno, ma poi si va a cascata sugli altri settori e niente è più prevedibile. Si va, in generale, da un 0,1% del PIL a un pieno 1% di costo del Covid-19 sul nostro sistema produttivo.
Una crisi dietro l’altra
Ma il virus ci trova, detto senza metafora, già molto debilitati. Dopo il 2008-2014, la più grave recessione dal secondo dopoguerra, c’era stata una ripresa, certo non completa, dal 2015 al 2017, che poi è rallentata sensibilmente nel 2018 e nell’anno seguente. Infatti non abbiamo ancora recuperato in nessun settore produttivo il PIL del 2008. La recessione, rispetto a quell’anno zero di una crisi dalle complesse origini, non è finita. Certo, aggiungere una nuova recessione a uno stato economico che un medico definirebbe “cronico” non può che aggravare le condizioni.
Naturalmente il governo ha sospeso alcuni adempimenti fiscali negli 11 comuni della zona rossa lombarda, come è avvenuto lo stesso in quella veneta. Ma le misure fiscali, sospese, alla fine della crisi arriveranno, immaginiamo tutte insieme, data la particolare stupidità sadica della burocrazia, alla gente di Lodi e di Vo’ nel Veneto, proprio nel momento in cui si staranno rimboccando le maniche. E bloccare l’economia di gran parte della Lombardia, creando gravi danni al resto della Regione non cintata dalla linea rossa, vuol dire bloccare il 60% del Pil italiano, che certamente i nostri concorrenti globali, associati nella UE, non mancheranno di sfruttare, con una guerra psicologica commerciale di cui abbiamo già visto i primi esempi. La “pizza al virus” dei francesi, le ironie sui giornali popolari tedeschi, ci fanno pensare che anche le poche concessioni sul bilancio saranno trattate da debiti a breve, da saldare magari con un accordo ad hocsulla Libia. Come quello firmato da Conte con Macron il 20 febbraio scorso.
Al governo romano la UE chiede flessibilità di bilancio, ma con un paese i cui tassi sui titoli del debito pubblico salgono a ogni crisi (e infatti stanno salendo), accade che ogni debito con l’estero, soprattutto con gli alleati-avversari della UE, diventa un affaccio sull’abisso della futura ristrutturazione del nostro debito o sull’arrivo della Trojka – e rispetto a quella europea era forse meglio quella sovietica…
La sanità italiana
La crisi inevitabile del sistema sanitario nazionale (sottoposto a pressioni inimmaginabili ai tempi della sua costituzione, il 23 dicembre 1978, con decorrenza dal 1° luglio 1980) sarà probabilmente definitiva, in mancanza di finanziamenti adeguati, che non ci sono o che saranno difficili da reperire “nelle pieghe di bilancio”, come si dice con una bellissima ma ipocrita metafora che significa che quei soldi dati al SSN erano destinati, all’origine, ad altri.
Arriveranno, già le vedo, richieste di “privatizzazione” del Servizio Sanitario, che sarebbero ridicole in un Paese che si sta impoverendo, ma che fanno molto all american boys, sempre pensando, come negli spotpubblicitari, che il mondo sia ancora popolato di ricchi fannulloni che comprano automobili per andare all’avventura o per rimorchiare ragazze carine.
Senza la metafisica dell’immaginario, che è la sostanza della nostra civiltà (nel senso romantico di Zivilisation, non di Kultur, ormai sparita) non si può immaginare l’economia attuale.
Sul piano politico il sistema italiano è fragile, con le accuse tra Regioni e Stato, del tutto opportuniste e elettorali. Quindi sarebbe meglio un silenzio operativo, “è meglio tacere ed essere, che dire e non essere”, come disse Papa Ratzinger.
La UE ci aiuterà?
Sempre per parlare della UE, essa palesemente non manifesta quello spirito di solidarietà che è richiamato fino alla noia nei Trattati che nelle tante decisioni del Parlamento e del Consiglio Europeo. Chiedere aiuto alla Unione Europea assomiglierà sempre più a quegli amori liceali in cui il ragazzo vede il suo sogno erotico farsela con tutti meno che con lui.
Si potrebbe utilizzare il Fondo di Solidarietà dell’UE, che può essere utilizzato “per gravi catastrofi” e il Fondo, in verità, si riferisce a catastrofi naturali, non a epidemie. Ma, all’art.2, si dice che “Il Fondo può essere mobilitato qualora si producano serie ripercussioni sullo stile di vita dei cittadini”.
Per “catastrofe naturale grave” si intende, nello stesso articolo 2 del regolamento del Fondo, “qualsiasi catastrofe naturale che provoca danni diretti stimati a oltre 3 miliardi di Euro a prezzi del 2011, superiori allo 0,6% del reddito nazionale lordo”. Allora ci siamo. Per le regioni di uno Stato, il Fondo UE calcola la concessione di aiuti per il danno diretto stimato dell’1,5% del PIL di tale regione. Anche questo, e più probabilmente, è il nostro caso.
Nomura paventa un tracollo
La banca NOMURA giapponese, quella che ha messo in ginocchio il Monte dei Paschi grazie a un Presidente “che non sapeva l’inglese”, ipotizza un’entrata dell’intera Eurozona in recessione alla fine del 2020. La sequenza in linea coronavirus-crollo delle borse-frenata del commercio globale e prossima colossale crisi dei rifugiati, causata dalla Turchia (anche se alcuni disinformati italiani la imputano ai siriani), potrebbe essere lo scenario di un tracollo.
Servirà allora stare attenti alla UE che è un nido di concorrenti e di serpi. Servirà allora chiamare in aiuto Stati lontani. Qualcuno aprirà quando busseremo a quelle porte?