27 Luglio 2024
Sun

Luigi Oldani, Come ventagli, Samuele Editore, 2019, pp.64, euro 12

Novembre. È un momento particolare per leggere poesia. Ora più che mai. Il libro di Luigi Oldani Come ventagli è lì che mi aspetta sul tavolo, lo osservo e penso che l’estate (il kigo – 季語) accennata nel titolo è ormai passata – per tradizione, in ogni haiku è presente un riferimento stagionale o “parola della stagione”, ovvero un accenno alla stagione in cui è stato composto o al quale si riferisce.
Forse al libro mancherà il potere di emozionarmi perché privato del suo giusto contesto stagionale. Concludo immaginando che mi piacerà di meno. Invece no. Leggo e sono incuriosita, stuzzicata. Il libro si apre e si rivela con forza in un istante:

“Leggendo haiku
Mi manca il respiro
Soffia il vento”.

Mi coglie di sorpresa, anzi in castagna (il che ha ancora più senso, vista la stagione). Eccomi percorsa da un brivido e scossa da un vento che fino a due istanti fa non c’era. Perché di questa concretezza sono fatti gli haiku del poeta italiano. Non posso che pensare alle parole di una mia maestra:  “gli haiku sono meravigliosi, dovremmo lasciarli diffondere nella nostra vita quotidiana, perché sono vivi, camminano e nuotano, entrano dentro i nostri cuori, risuonano come una musica. Una volta composti ed assemblati con criteri logici, fluiscono liberi, al di là di ogni ogni logica… Dopo che sono stati lasciati liberi di attraversarci, mutano e da parola diventano qualsiasi cosa: un gatto, un fiore, il vento”.

E così mentre continuo a scorrere le pagine e i 111 haiku, scopro l’autore: poeta di origini milanesi, ma di formazione fiorentina e urbinate, che vive a Firenze ormai da tempo e ha fondato alcuni decenni fa la rivista letteraria Pioggia Obliqua. Oldani ha avuto una importante parentesi a Tōkyō, che contaminerà tutta la sua produzione letteraria, con ibridi stilistici completi e interessanti come quelli di questi haiku. Ibridi perché da una parte il modello delle 17 more è rigorosamente seguito (e a volte no) e dall’altra parte l’essenza ‘italiana’ appare sempre, sfacciata e genuina. Come per esempio:

“Da quel Forno
La mia di michetta
alba a Milano”.

Oppure un tema musicale internazionale che ha diffuso la sua eco nel mondo ed è stata la musica più nobile del Novecento, che a me ricorda e risuona il sempreverde “Sotto le stelle del jazz” di Paolo Conte:

“Dietro le nubi
Tante stelle
Ascolto jazz”.