6 Dicembre 2024
Words

Ipocrisia über alles

Stupisce lo stupore dei nostri governanti, nazionali e regionali: se hanno aperto i negozi nella penultima domenica prima di Natale, è abbastanza scontato che la gente vada a fare shopping; se i bar e i ristoranti possono servire aperitivi e pasti, non sorprende che gli avventori li consumino. Soprattutto se si è appena varato un molto pubblicizzato incentivo allo shopping «fisico», quel «cashback» studiato apposta per spingere i consumatori a uscire di casa invece di comprare online.

Sembra un déjà-vu: anche in estate, subito dopo aver distribuito bonus-vacanze e riaperto le discoteche, si levò un coro di indignazione verso chi era andato in vacanza o in discoteca. Indignarsi non costa nulla. Oggi per esempio ci indigniamo perché abbiamo il più alto numero di morti d’Europa. Si dice: ma esiste anche una cosa chiamata «responsabilità individuale», non è detto che soltanto perché una cosa è lecita la si debba pure fare. Giusto.
Se ci si trova nel bel mezzo di un assembramento «immondo» (la definizione è di Zaia), buon senso e civismo impongono di allontanarsene. Molti l’avranno anche fatto. In quelle folle di domenica c’era di sicuro tanta gente timorata delle leggi, che indossava con scrupolo la mascherina, si è messa in fila prima di entrare in un negozio, e magari è corsa a riprendere la metropolitana o l’auto per tornare a casa quando ha visto dov’era finita. Ma intanto era già diventata folla.

Non dovrebbe sfuggire a chi governa ciò che la sociologia ha accertato da tempo: gli esseri umani tendono sì a comportarsi razionalmente, ma sulla base delle informazioni di cui dispongono al momento. C’è una profonda differenza fra comportamenti individuali e comportamenti collettivi: la psicologia della «folla» è cosa ben diversa dalla psicologia del «pubblico».
Perciò nelle società complesse ci siamo dotati di autorità di governo che, disponendo di dati, flussi e previsioni, possono orientare meglio i comportamenti collettivi. È come con il traffico: se si sbaglia a organizzare il giro dei sensi unici o si creano delle strettoie, l’ingorgo ci sarà anche se tutti gli automobilisti seguono alla lettera le norme del codice: è una questione di idraulica, non di etica.

La tendenza a dare la colpa al comportamento degli individui di ciò che non funziona nel distanziamento sociale, e a chiudere i recinti solo quando i presunti buoi sono scappati, è l’altra faccia del populismo. Laddove quello idolatra un «popolo» indistinto e unico che avrebbe sempre ragione, questo se la prende con un «popolo» invariabilmente indisciplinato che rovina tutto.
Gli italiani hanno invece dimostrato di essere capaci di rigore e abnegazione se le norme sono chiare. Contemperare le tante diverse esigenze, dei commercianti e degli infermieri, dei consumatori e dei malati, dei giovani e degli anziani, non è esercizio facile per nessun potere pubblico, e comprendiamo le incertezze del nostro. Ma una linea va scelta e tenuta.

Ieri il commissario europeo Paolo Gentiloni ha scritto in un tweet: «La Germania ha avuto finora 1,3 milioni di casi e 21 mila morti. Noi 1,8 milioni di casi e 64 mila morti. In Germania nuove misure restrittive fino al 10 gennaio». In Italia ce la prendiamo con la gente.

[tratto da Corriere della Sera – di Antonio Polito]