6 Dicembre 2024
Words

Messina Denaro e la “borghesia” mafiosa

Nato nel 1962, latitante dal 1993 e “preso” dai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale in coordinamento con i colleghi del Gruppo di Intervento Speciale e la territoriale dell’Arma il 16 gennaio del 2023: Matteo Messina Denaro, sessantenne palestrato a ammalato di un tumore (che dal colon si è esteso anche al fegato), rappresenta un vero e proprio enigma. L’unica cosa certa, chiara e distinta di questa storia che vi racconteremo nei dettagli è l’eccellenza dell’Arma dei Carabinieri (capitanati dal colonnello Lucio Arcidiacono) nel compiere l’operazione della cattura e del Procuratore Capo di Palermo Maurizio De Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido.

Siamo a Campobello di Mazzara, in provincia di Trapani (Sicilia occidentale); una distanza di 9,3 km separa questa cittadina (conta 11341 abitanti) – per un percorso transitabile in 13 minuti – da Castelvetrano – luogo dove è nato il mafioso 61 anni fa. La clinica La Maddalena(nella quale l’uomo è in cura oncologica dal Novembre del 2020) è situata a Palermo – distante da Campobello di Mazzara 116,7 km percorribili in 1 ora e 26 minuti. Sul “documento di identità” di questo strano paziente c’è scritto: Andrea Bonafede, geometra, alto 1, 78 metri, occhi marroni – si scoprirà subito dopo del giorno della cattura che non solo esiste veramente un geometra Bonafede ma che ha anche acquistato  – il 16 giugno 2022 – la casa (il “covo”) nel quale vive – da 6 mesi – il latitante (prezzo: 15000 euro): un soggiorno, una cucina, una camera da letto e una palestra.

Siamo dunque in Sicilia ma le imprese del presunto Andrea Bonafede hanno fatto eco e si sono prodotte in tutta Italia e nel mondo. Tanto per dirne qualcuna: via Fauro, Roma – 14 maggio 1993: attentato dinamitardo ai danni del giornalista Maurizio Costanzo. Nella notte tra il 26 e il 27 maggio (dello stesso anno): proprio dietro gli Uffizi (in via dei Georgofili), a Firenze, un Fiat Fiorino pieno di tritolo esplode: cinque morti tra i quali la bambina di 9 anni Nadia Nencioni (da una poesia scritta dalla stessa è stato preso il nome per l’operazione di cattura del latitante (o “primula rossa”, come sir Percy Blakeney nel ciclo dei romanzi scritti dalla baronessa Emma Orczy). Il 27 luglio in via Palestro (stavolta a Milano) una Fiat Punto esplode davanti al Padiglione d’Arte Contemporanea: 5 morti e 12 feriti. Insomma una lunga catena di stragi, di omicidi di altro tipo ma anche estorsioni, malversazioni, riciclaggio, in una parola Cosa Nostra.

L’enigma – l’uomo esce di casa la mattina di lunedì 16 gennaio 2023 alle 6.45 e viene “arrestato” alle 9 – riguarda anche i suoi complici, sostenitori, fiancheggiatori, aiutanti: primo fra tutti quell’autista Giovanni Luppino, cinquantanovenne, anche lui di Campobello di Mazzara, commerciante, agricoltore senza terra, proprietario di un’azienda agricola. Prestanome che lo accompagnava a bordo di una Fiat Brava, arrestato anch’esso. E poi il medico di base – indagato a piede libero col vero Andrea Bonafede – che lo ha curato.
Un enigma. Si dice spesso che i mafiosi – che sono “ricercati” – non escono mai dal loro territorio, cioè i tre mandamenti che compongono la provincia mafiosa di Trapani. Un enigma dunque, che si dipana soprattutto tra una fitta e diffusa rete di fiancheggiatori. Una speciale area grigia, fatta da massoni, imprenditori, faccendieri, piccola e media borghesia, professionisti, funzionari della pubblica amministrazione e altro), una rete di copertura, una rete di connivenze (anche e non solo a livello politico). In poche parole una malattia sociale, dalla “diagnosi infausta”.
Siamo di fronte a una lunga scia di sangue. Il 23 novembre del 1993 – tanto per fare un esempio noto e raccapricciante – viene sequestrato il piccolo Giuseppe Di Matteo, 12 anni, sulla base di un “piano” architettato dallo stesso Matteo Messina Denaro con Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Giovanni Brusca. Si voleva tentare di fermare la collaborazione con la giustizia del padre, Santino Di Matteo. Dopo oltre due anni il ragazzo viene prima strangolato e poi sciolto nell’acido.

Ed eccoci in una “lenta mattina di pioggia” (quella del 16 gennaio del 2023 in cui, come detto, Messina Denaro viene arrestato). Una lunga serie di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni, indagini (una serie di indagini misurabile in 30 anni…). La atipicità del mafioso: vive in interni borghesi, si circonda di vestiti di griffes e regala olio di Campobello nella clinica La Maddalena. Sembra pure avere molta fortuna con le donne, si dice che ami i videogiochi, ha investito i soldi del riciclaggio anche in imprese del tutto inedite per lo spettro di interesse di Cosa Nostra, come la produzione di energia eolica.
Sul “documento di identità” c‘era scritto Andrea Bonafede. E come in un romanzo di Luigi Pirandello c’erano due Andrea Bonafede. Da qualche altra parte Matteo Messina Denaro, in quanto enigma, è stato protagonista di una stagione alternativa di Cosa Nostra: dalla fine del periodo stragista all’inizio del periodo degli affari, della burocrazia, del mercato (del «capitalismo») della infiltrazione del malaffare all’interno del tessuto economico delle imprese e delle aziende che agiscono nella legalità. Un boss che però era espressione di una “borghesia mafiosa”, interlocutrice di questo sessantenne malato oncologico e, allo stesso tempo, beneficiaria in molte modalità (occupazione, sostegno economico, tranquillità territoriale, pace mafiosa), ma anche motore immobile della potenza economica del boss, in grado di offrire denaro per acquisire quote di realtà imprenditoriali.

Probabilmente, anzi, sicuramente quella di Matteo Messina Denaro non è una mafia cinematografica, ma è molto più pervasiva di quella di un tempo. E infine più delicato l’equilibrio all’interno del quale essa si inserisce: la società “civile”.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.