9 Dicembre 2024
Money

Le banche dei libici

Il governo di Al Serraj, che già era stato rimandato al mittente per i troppi ministri inclusi e per l’esclusione, da ministro della Difesa, di Khalifa Haftar, non è stato ancora digerito dai rivali di Tripoli. Anzi, il ministero di Fajez Al Serraj, capo della fazione di Tobruk, quella riconosciuta internazionalmente, non ha nemmeno i voti del suo parlamento, senza contare il rifiuto del regime di Tripoli, dominato da Alba Libica, la frazione locale dei Fratelli Musulmani, sostenuti laggiù da Turchia e Qatar, i due stati che facevano contrabbando di petrolio durante gli scontri per “liberare” la Libia da Gheddafi.

Il governo di Tripoli, anzi, rifiuta ogni parvenza di dignità politica all’organismo di Al Serraj a Tobruk,  che viene giudicato “servo delle potenze straniere”, dell’ONU e dell’Italia. Come si possa pensare quindi ad una richiesta di aiuto militare e umanitario da parte di un ministero che rappresenti l’intera Libia è ormai un mistero.

Ma chi mantiene la Libia, oggi, o più esattamente quello che ne rimane? Il Governo di Salvezza Nazionale, a Tripoli, guidato da Khalifa Al-Gwell, vuole rappresentare tutti i libici, compresi quelli operanti nel territorio di Tobruk, rifiuta l’etichetta di “islamista”, sostiene le tribù Tuareg, Toubou, Amazigh (berberi) e chiede un maggiore intervento in tutta la Libia dei paesi arabi, soprattutto dell’Arabia Saudita. Che intanto collabora con l’Egitto a finanziare le forze di Haftar, l’”Operazione Dignità”. In questi giorni, Gwell ha annunciato di avere il controllo di una serie di milizie locali, coordinate dalla Camera delle Operazioni dei Rivoluzionari Libici, l’organizzazione para-qaedista che aveva rapito, nell’ottobre 2013, il primo ministro Ali Zeidan perché aveva aiutato gli USA a catturare un terrorista qaedista. La Camera ha oggi l’ordine di non far entrare al Serraj nel territorio tripolino, mentre il leader di Tripoli tenta di accordarsi con il presidente tunisino.

Per quanto riguarda i soldi, il finanziatore principale del governo di Tripoli è la Banca Centrale della Libia, che ha appena staccato un assegno ai rivoluzionari di Bengasi pari a 6 milioni di dinari libici. La Banca, secondo l’ultimo documento ufficiale, del 2013, ha un deficit di 83,2 miliardi di dinari, da comparare al surplus di 30 miliardi verificatosi nell’anno precedente.

L’ONU ha inoltre accusato la Banca Centrale della Libia di aver finanziato, con 103 milioni di Usd, il Fronte Sumud, un gruppo militare che vuole impedire a tutti i costi l’entrata di Al Serraj nel territorio tripolino.

Il Fronte Al Sumud è nato da una scissione in Alba Libica, l’organizzazione dei Fratelli Musulmani, che è il “fronte della Tenacia” (questa la traduzione) che non intende fara alcun accordo con i dirigenti di Tobruk, e in particolare con Al Serraj. La Banca avrebbe anche finanziato altre milizie operanti su tutto il territorio nazionale libico. Un totale di circa 140.000 militanti, ben oltre i 30.000 che combatterono durante la rivoluzione antigheddafiana.

Si tratta di bande che ben conosciamo, dati i rapimenti, spesso sanguinosi e efferati, di cittadini italiani, e sono gruppi che appunto si finanziano, oltre che con i denari della BCL, anche con estorsioni e traffici illeciti. La LIA, Libyan Investment Authority, è lo storico meccanismo che ha gestito i fondi sovrani libici dell’era gheddafiana, che gestisce 70 miliardi di Usd, e fa parte del governo di Tobruk. La LIA opera dalla sua sede di Malta. Però alcuni fondi minoritari della LIA arrivano anche, non si sa ancora bene in che modo, al governo di Tripoli.

L’autorità che gestisce i fondi sovrani libici è stata fondata nel 2006, ha il 50% degli assets in liquidità, ha 86 funzionari nell’ufficio di Tripoli e 285 operativi nella Libyan Foreign Investment Company, che ha già investito in Italia ben 2,46 miliardi di Usd.

Se, oltre alle trattative per un governo “unitario”, che non si vedrà presto nè facilmente in Libia, le potenze occidentali ed europee cominciassero a lavorare sulle due banche libiche, non sarebbe male.