26 Aprile 2024
Italic

Sul Tamigi pioveranno rane

Avevo abbozzato queste righe, poco prima che un folle xenofobo  uccidesse la giovane deputata laburista inglese, Jo Cox. Mi chiedevo quanta esasperata aggressività ci fosse attorno al dibattito sulla cosiddetta “Brexit”. L’assassino che ha ucciso quell’anima limpida  ha confermato le mie preoccupazioni, che riguardano le parole prima dei gesti e, soprattutto, riguardano le parole di soggetti che,  per la loro rilevanza, dovrebbero usarle con ben maggiore misura. Mi spiego: ascoltando certe prese di posizione  riguardo al prossimo referendum, in Gran Bretagna,  sulla permanenza o meno in Europa, ormai ti aspetti il Tamigi prossimamente invaso da rane che piovono dal cielo. Come nello straordinario e dolente film “Magnolia” la pioggia dei graziosi anfibi arriva sommergendo vite e solitudini  prossime alla fine, così sembra che una piaga biblica colpirà Londra e l’intero Regno Unito, nel caso i suoi liberi cittadini liberamente scelgano di uscire dall’Unione Europea e, presto,  alle fermate dell’autobus delle città inglesi probabilmente comparirà la scritta “… io colpirò tutta l’estensione del tuo paese col flagello delle rane” (dalla Bibbia, Libro dell’Esodo). Fuori di metafora, intanto  vorrei chiarire che la scelta della Gran Bretagna riguarda se restare o meno nell’Unione Europea e non in Europa dove l’hanno collocata millenni di mutazioni terrestri. Che, per comodità, si scriva di Europa,  intendendo Unione Europea, va bene, ma le parole sono importanti, specialmente se si usano come oggetti contundenti. Venendo poi al merito, personalmente credo nell’Europa (nel senso di cui sopra), ma credo in un insieme di popoli che sceglie di farsi “popolo”, assumendo un comune impegno di solidarietà e scambio; un “popolo” federato che si dota di un Governo e di una politica; un’Europa che non sia solo un grande mercato sottoposto  ad una casta di burocrati che non si capisce bene a chi rispondano. Se  è impossibile costruire un’entità politica forte con tutti gli attori, allora mi sta bene anche un’ Unione Europea, cosiddetta a “due velocità”,  fatta da un nucleo di paesi più coeso e ristretto, che si federano e si organizzano come unità politica autonoma e protagonista nello scacchiere mondiale, mentre gli altri paesi stanno  insieme in un comune mercato europeo, condividendo un minimo di regole e solidarietà.  Detto questo, però, trovo davvero fuori tono (e molto sospetta) la campagna di vero e proprio terrore socio-economico, contro l’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, avviata da poteri  che, per la verità, non mi pare abbiano poi così brillato nel leggere ed impedire la crisi che oggi stiamo ancora attraversando: dalla Fed statunitense, al Fondo Monetario, alla Bce, alle grande agenzie internazionali di rating siamo di fronte ad alcuni dei protagonisti (per incapacità, per marchiani errori di valutazione, per cattiva gestione o per ignavia) della devastazione che, dal 2008, ha colpito le economie  del cosiddetto occidente, arrivando  a mordere la carne viva di milioni di cittadini. Del resto, non è un cinico atto di violenza quello delle Borse europee che, pochi minuti dopo l’assassinio della giovane deputata laburista Cox (favorevole alla UE), hanno festeggiato con vistosi aumenti degli indici azionari, contando sull’effetto “positivo” che quella morte avrebbe avuto per la vittoria dei “sì” al Referendum britannico? Invece servirebbero più senso del limite e più rispetto per una straordinaria prova di democrazia, che un paese libero si appresta a consegnare ad altri paesi  saliti in cattedra non si sa bene a quale titolo. Tra l’altro, ho la sensazione che un “No” inglese all’Unione Europea,  una rottura così drammatica,  nelle condizioni date forse sarebbe  l’unico modo per un ripensamento radicale dell’attuale assetto di poteri e regole. Semmai, vorrei aggiungere un’ulteriore considerazione. In Gran Bretagna un leader conservatore “sfida” l’ostilità di tanta parte del suo popolo per affermare l’idea che  convenga  restare nell’ Unione Europea, nonostante errori e colpe di Bruxelles. Il premier inglese, Cameron, in sostanza affida al popolo una scelta cruciale e rischiosa. Fra pochi mesi, in Italia, un leader di sinistra, chiederà  al popolo di votare un referendum il cui centro è il rafforzamento della “delega” al Governo. Nel primo caso, il Governo affida al popolo un potere; nel secondo il Governo chiede al popolo “più” potere.  La differenza non mi pare trascurabile, tanto più se teniamo presente che  la riforma  costituzionale Boschi-Renzi, che voteremo ad ottobre, mantiene integro il divieto di referendum su materie come l’adesione ai trattati europei, proseguendo nella tradizione e convinzione che ci sono cose che il “popolo” non può capire e decidere.  Magari in Italia, visto  il nostro gusto per la buona cucina, in caso di referendum  sull’Europa,  più che rane, potrebbero piovere polpette; ma ritengono utile comunque evitarle. Per garantirci una dieta equilibrata.