20 Aprile 2024
Words

Ankara chiama Berlino risponde

Dopo l’attentato in Giordania prosegue la reazione di chi si sente vicino al Daesh, detto anche Isis. Sia per l’assassinio a sangue freddo dell’ambasciatore russo in Turchia da parte di un giovane poliziotto turco dei reparti speciali, sia per l’orrenda strage del camion contro il mercatino di Natale sulla Ku’damm a Berlino, hanno agito persone in nome di Allah. Certo un dio che non risponde esattamente ai buoni dettami del Corano, ma senz’altro individui che idolatrano comunque quel dio.
In Giordania si è agito perché quel Paese fa parte della coalizione occidentale che sta, in parte, dando del filo da torcere all’Islamic State. Ad Ankara si è voluto colpire uno dei simboli diplomatici della Russia che sta dando una mano significativa nella riconquista di Aleppo sotto la bandiera siriana di Assad; contemporaneamente mettendo in difficoltà il rapporto Putin-Erdogan, già sfibrato nel recente passato. A Berlino si è colpita una nazione importante. Dopo Nizza in Francia, si è voluta colpire una delle città simbolo europee.
Non sarà la riconquista della Siria, né aver disteso e ingentilito i rapporti con l’Iran a mettere fine al terrorismo mimetizzato sotto l’egida dell’Islam. Tuttavia non sarebbe neppure pensabile restare indifferenti al Daesh, o permettere a chiunque di annettere pezzi di stati sovrani nel Medio Oriente per un nuovo disegno pan-islamista. In questa partita attuale il grande assente sono gli Stati Uniti, spesso causa di tanti dissidi e conflitti in quell’area del Mondo e oggi silente e indubbiamente in secondo piano ora che ci si trova di fronte ad azioni scaturite in parte da una loro vecchia politica opportunistica.
Ma vediamo in dettaglio i due fatti di Ankara e Berlino.

L’ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, è stato ucciso in un attentato. Colpito a morte mentre parlava a una mostra fotografica da un poliziotto che per entrare alla Galleria d’arte ha mostrato il tesserino. Giacca nera e cravatta, la pistola in pugno, ha cominciato a sparare gridando “vendetta” e poi “Aleppo” o “noi moriamo in Siria voi morite qua”. Il diplomatico si è accasciato a terra, ha ricevuto le prime cure sul posto ma non è stato neanche trasportato in ospedale, sarebbe stato inutile. Le forze speciali turche hanno fatto irruzione nella galleria d’arte e ucciso l’aggressore che continuava a sparare. “Non uscirò vivo da qui, non vi avvicinate!”, gridava. Altre tre persone sono rimaste ferite nel corso della sparatoria.
Fonti dell’ambasciata, citate dai media locali, precisano che il diplomatico stava tenendo un discorso alla Galleria di Arte contemporanea, per la mostra fotografica ‘la Russia vista dai turchi’.
Un video mostra il momento dell’attacco. L’agente ha la pistola in pugno, è vestito in abito scuro, giacca, cravatta, e grida: “Non dimenticatevi di Aleppo, non dimenticatevi della Siria”. Poi l’urlo, “Allahu Akbar”, “Dio è grande”.
È stato identificato dopo essere stato ucciso. Era un diplomato del 2014 dell’accademia di polizia Rustu Unsal di Smirne, si chiamava Mevlut Mert Altintas, aveva 22 anni e faceva parte delle unità anti-sommossa di Ankara. In due occasioni aveva anche prestato servizio per la scorta del presidente Recep Tayyip Erdogan, sia a Konya nel 2014 che a Bursa nel febbraio 2015. La polizia turca ha fermato la sorella e la madre dell’assassino, e ha perquisito l’abitazione nella città di Soke, provincia di Aydin, nel sud ovest del Paese.
La pista islamista non convince tutti in Turchia, o quantomeno si propongono ‘piste’ alternative. Come il sindaco della città che sul proprio account Twitter prova a dare una lettura differente: “Secondo quello ho sentito, gli slogan islamisti sono una copertura, l’assalitore era un membro del Feto (Organizzazione del Terrore Gülenista, ndr)” scrive.
Il presidente russo Vladimir Putin è subito informato, qualche ora dopo riceve la telefonata del presidente turco, Recep Tayyp Erdogan. Il portavoce Dmitri Peskov riferisce che sono in corso consultazioni con il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov e con i servizi di sicurezza. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova definisce l’omicidio di Karlov “un atto terroristico” e sottolinea che la questione sarà posta lunedì al Consiglio di sicurezza dell’Onu: “Oggi è un giorno tragico per la diplomazia russa”.
La zona dell’attacco, dove si trova la Galleria d’arte, è chiusa al traffico e sotto stretta sorveglianza delle forze di sicurezza. Sul posto anche il ministro degli Interni turco, Suleyman Soylu: “Non consentiremo che questo attacco getti un’ombra sull’amicizia tra Turchia e Russia”. Ma l’odio si diffonde veloce. In rete festeggiano gruppi pro al-Qaeda. Diffondono le immagini dell’assassinio, scrivono: “Curano il cuore ferito della Umma” (la comunità dei fedeli, ndr). Rita Katz del Site Intelligence Group, racconta che sul web l’attentatore è definito “un eroe che non è stato a guardare mentre i musulmani di Aleppo e del Levante vengono massacrati”.Da giorni nel Paese si susseguono manifestazioni di protesta contro Mosca per la città siriana ripresa quasi completamente dalle forze governative grazie al decisivo appoggio militare russo. Le proteste di massa ad Ankara e Istanbul sono contro le rappresentanze diplomatiche di Russia e Iran, accusati dai manifestanti di essere responsabili anche della mancata evacuazione di civili nei giorni scorsi da Aleppo est. Secondo il sindaco di Ankara, Melih Gokcek, l’attacco è stato commesso per danneggiare le relazioni tra Turchia e Russia.
I primi a pronunciarsi sull’attentato sono gli Stati Uniti: “Condanniamo l’attacco, da dovunque sia arrivato. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con lui e la sua famiglia”, dichiara il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby ma poi il dipartimento di Stato Usa sul profilo Twitter dice di aver “notizie” di spari nei pressi dell’ambasciata americana e invita “tutti i cittadini americani a evitare l’area attorno al compound fino a ulteriori comunicazioni”.
Dall’Ue Federica Mogherini esprime a nome dei “Paesi che fanno parte di questa Unione condoglianze alla parte russa e forte condanna per quanto è avvenuto”. Un tweet anche da parte del premier italiano: “Vicini alla federazione russa per l’orrenda uccisione dell’ambasciatore Karlov ad Ankara” scrive Paolo Gentiloni. L’Onu: “Non può esserci alcuna giustificazione” dice il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric.
Condanna anche dalla Siria: “La repubblica araba siriana condanna nella maniera più ferma il vigliacco attacco terroristico che ha portato alla morte dell’ambasciatore russo in Turchia Andrej Karlov”, afferma il ministero degli Esteri di Damasco.

Un camion si è schiantato contro un affollato mercato di Natale a Berlino vicino alla Chiesa del Ricordo nel quartiere di Charlottenburg, nel centro di Berlino Ovest. Il bilancio definitivo è di 9 morti e 45 di feriti. La polizia, che parla di attentato, ha confermato che sul camion viaggiavano due persone. Uno dei due è morto nello schianto, l’altro fuggito a piedi è stato arrestato vicino al luogo dell’attacco. Non si hanno ancora notizie ufficiali sull’identità dell’arrestato anche se i media tedeschi parlano di un uomo pachistano o afghano (così almeno riferisce l’agenzia Dpa, citando «ambienti della sicurezza»). Anche l’identità del morto non è chiara mentre è confermato che il camion aveva targa e licenza polacca, traportava dei ponteggi d’acciaio e apparteneva ad una società di trasporti di Danzica. Il proprietario della società ha dichiarato di aver perso i contatti con il suo guidatore nel primo pomeriggio. Secondo una delle ipotesi che sta prendendo corpo il camionista potrebbe essere stato sequestrato dall’attentatore. Ma non ci sono ancora conferme.
Quello della Chiesa del ricordo è uno dei mercatini più affollati della capitale tedesca: si trova a due passi dalla frequentatissima Kurfurstendamm strasse, la via principale dello shopping e del Kadewe, il grande magazzino di Berlino e di fianco all’Europa center, uno dei più noti centri commerciali della città. Secondo una prima ricostruzione, il camion sarebbe arrivato a tutta velocità provenendo dalla stazione di ferrovia e metropolitana «Zoologischer Garten». Il tutto è accaduto intorno alle 20,15. «Abbiamo sentito un rumore fortissimo – ha raccontato Emma Rushton, una turista, a Cnn – Abbiamo iniziato a vedere la parte alta del camion articolato che si schiantava negli stand, in mezzo alle persone».
Il camion che si è schiantato sul mercato di Natale di Berlino ha dunque una targa polacca, ed è di proprietà di un’azienda di trasporti di Danzica, che dice di aver perso il contatto con il mezzo attorno alle 16 di lunedì pomeriggio. Il proprietario dell’azienda, Ariel Zurawski, è stato intervistato dall’emittente polacca Tvn24 e ha detto che il mezzo era guidato da suo cugino, che aveva intenzione di passare la serata a Berlino. Ha escluso che il suo parente, che guida camion da 15 anni, possa aver provocato lo schianto. Ariel Zurawski ha detto di aver sentito il cugino al telefono verso mezzogiorno. Il conducente aveva parlato anche con la moglie, che dopo le 16, però, non era più riuscita a raggiungerlo. Zurawski ha aggiunto di ritenere che il camion sia stato in qualche modo dirottato o rubato. Secondo il sito del Guardian il camion era partito dall’Italia e doveva consegnare un carico a Berlino. Poi sarebbe tornato in Polonia.
Angela Merkel, attraverso il suo portavoce Steffen Seibert, si è detta «sgomenta» per il possibile attentato a Berlino. «Siamo in lutto per i morti e ci auguriamo che i tanti feriti possano essere aiutati», ha scritto Seibert sul suo account Twitter. Cordoglio e solidarietà arrivano dai principali leader mondiali: la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, il presidente francese Francois Hollande, il sindaco di Nizza Christian Estrosi. «Sono profondamente colpito e addolorato dalla notizia dello spregevole attacco di questa sera a Berlino e desidero esprimere le più sentite condoglianze e la più calorosa solidarietà al Governo tedesco – dice il ministro degli Esteri italiano Alfano – Siamo vicini alla popolazione tedesca in questo triste momento che dovrebbe essere piuttosto di gioia e pace in prossimità delle festività natalizie».
È poi intervenuto il neopresidente Usa Donald Trump, secondo cui c’è «l’Islam radicale» dietro l’attentato terroristico di Berlino. «Il nostro cuore e le nostre preghiere sono con i cari delle vittime di questo terrificante attentato del terrore a Berlino. Civili innocenti sono stati assassinati in strada mentre si preparavano a festeggiare le vacanze natalizie», ha dichiarato Trump in una nota. «L’Isis e altri terroristi radicali islamici uccidono continuamente cristiani nelle loro comunità e nei luoghi di culto nell’ambito della loro jihad globale. Questi terroristi e i loro network regionali e mondiali devono essere sradicati dalla faccia della terra – ha avvertito – una missione che porteremo avanti con tutti gli alleati amanti della liberta».