27 Luglio 2024
Words

Cuffaro si laurea in legge

Sembra strana una notizia del genere, ma non lo è. Non lo è per la persona, perché questa persona credo sia la prova che il dettame principale della legge Gozzini (cioè il carcere come riabilitazione) ha ancora un senso, e perché le carceri italiane sono poche, troppo grandi, inadeguate, in alcuni casi insopportabili. La persona è Salvatore Cuffaro, ex-presidente della Regione Sicilia ed ex-detenuto. Proprio lui condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia e tornato in libertà un anno fa dopo avere scontato la pena. Domani si laureerà in giurisprudenza, alla ‘Sapienza’ a Roma con una tesi dal titolo “Contrasto al sovraffollamento carcerario tra Costituzione e Convenzione europea”, relatore il professore Giorgio Spangher. Sul frontespizio della tesi, due dediche: “A mio padre la cui ascesa al cielo è avvenuta senza che il carcere mi abbia consentito di essere presente”. E ancora: “Ai detenuti ‘fine pena mai’ che hanno scelto di morire una sola volta piuttosto che morire ogni giorno”.

Il problema dei detenuti e delle loro condizioni non viene considerato per quello che è: un dramma, una tragedia – dice Cuffaro al sito on line Live Sicilia – La politica non se ne occupa, sarebbe impopolare: ‘buttare le chiavi’ è il pensiero dominante, soprattutto da parte di chi non conosce la questione che è gravissima. Chi viene rinchiuso in una cella, forse, ha sbagliato. Ma resta pur sempre una persona umana e andrebbe trattato come tale. Io stesso, da politico, ho fatto il minimo indispensabile. E avrei potuto fare di più. Farò di più”. Speriamo la politica affronti il tema spinoso della condizione dei carcerati, ma speriamo anche che Cuffaro svolga fuori dagli incarichi amministrativi e politici la sua nuova sensibilità sul tema.

“Quando ho dato la prima materia, per la prima volta, dopo tanto tempo, ho rivisto all’università un bagno regolamentare col wc, non con la turca. E mi sono commosso – aggiunge – Ho avuto quasi tutti trenta e trenta e lode. Ho ricevuto esperienze fortissime dall’esperienza madre: quella della detenzione. Non dimenticherò l’esame col professor Oliviero Diliberto, già ministro della Giustizia. Mi ha guardato a lungo e mi ha abbracciato. Ci siamo commossi”.