23 Aprile 2024
Words

Muntari, l’esempio squalificato

Una partita di calcio. In campo il Pescara e un bravo giocatore, Sulley Muntari, già giocatore del Milan e dell’Inter. Dalla tribuna un ragazzo continua a urlargli contro parole offensive: “negro”, “sporco negro”, “scimmione”. E insieme a lui un’altra decina di ragazzi, nel silenzio del resto degli spettatori. Muntari gioca e magari pensa alla bella pubblicità progresso della Uefa contro il razzismo, ma il ragazzo non vede il gioco, non guarda la partita: si è incarognito contro di lui per il colore della pelle.

Allora Muntari smette di giocare e si avvicina agli spalti. Va verso quello spettatore che lo offende e gli chiede di smettere. Chiede una giustificazione alle offese, ma arriva l’arbitro che dice di continuare a giocare, di fregarsene delle offese razziste. Muntari chiede che si applichi il regolamento, che si interrompa la partita, almeno per qualche minuto. Ma l’arbitro dice che la partita deve proseguire. Allora il giocatore “negro”, prende la via degli spogliatoi e se ne va. Lascia i compagni in campo ed esce. La partita prosegue.

Già qui ci rendiamo conto che qualcosa non va. Il ragazzo razzista ha vinto su un giocatore avversario e sa che urlare offese razziste non solo è possibile, ma produce anche dei risultati. Eppure il bello deve ancora arrivare. Il giudice sportivo, due giorni dopo la partita, squalifica Muntari, certo per somma di ammonizioni nelle partite precedenti, ma a tutti pare che la questione sia troppo vicina alla sua decisione di aver abbandonato il campo di calcio prima della fine della gara.

Questo episodio racconta purtroppo molto dell’Italia, del calcio e degli arbitri. Cioè della società, delle regole sociali e delle autorità che dovrebbero farle rispettare. E racconta che il nostro Paese è un malato terminale, un cancro vivo che corrode ogni possibile buon senso e ogni possibile educazione collettiva.

Senz’altro fa bene sapere che l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha elogiato il comportamento di Muntari. Tuttavia ciò serve a poco. Siamo il Paese dove il presidente della Fgci, Tavecchio continua a mantenere la sua poltrona dopo aver offeso un altro giocatore africano in una conferenza stampa. Chi dovrebbe dare l’esempio, dà l’esempio sbagliato. L’Italia è una nazione irriformabile, incarognita e senza speranza.