15 Ottobre 2024
Movie

“Santiago, Italia” (Nanni Moretti, ITA 2018)

Un documentario toccante. Ricostruendo un momento tragico della storia contemporanea, il golpe cileno di Pinochet dell’11 settembre 1973, ci parla dell’oggi, e vuole dirci non da ultimo come nella natura del popolo italiano ci sia, e dunque dovrebbe continuare a esserci l’accoglienza del rifugiato, l’aiuto solidale verso chi è in difficoltà, indipendentemente dalla sua nazionalità, lingua, colore della pelle.

In una prima sezione filmati d’epoca – alternati a una ampia serie di a tratti commoventi interviste fatte da Moretti a protagonisti che rievocano quelle vicende – mostrano il paese sudamericano festante per la vittoria democratica del socialista Allende (avvenuta nel novembre 1970): le nuove e più concrete speranze per la giustizia sociale, per la distribuzione delle terre ai contadini, per la rinascita della classe operaia, per un’istruzione diffusa e gratuita, in generale per il miglioramento delle condizioni dei ceti medio-bassi e dei proletari. Poi, la sottolineatura dell’intervento degli USA che – “terrorizzati” tra l’altro da un possibile effetto domino in Europa, soprattutto in Francia e in Italia dove esistevano partiti comunisti forti e capaci di imporsi col voto (per la verità, all’epoca in Francia il segretario del PCF era Marchais: non esattamente fautore di una terza via al comunismo, legato com’era alla peggiore burocrazia illiberale della Mosca brezneviana) – pilotarono la violenta reazione dell’esercito, culminata nell’incredibile bombardamento della Moneda, la sede presidenziale dove Allende dopo tre discorsi coraggiosi via radio al suo popolo morì suicida o forse assassinato dai fascisti che stavano prendendo il potere. Tra gli intervistati registi come Miguel Littin (probabilmente il massimo regista cileno, almeno all’epoca lo consideravamo tale) e poi militanti socialisti e comunisti, persone ordinarie della migliore società civile, diplomatici di quella ambasciata italiana nella quale i cileni che rischiavano le torture e l’annientamento fisico trovarono posto. Crearono una comunità, c’erano giovani, bambini, anziani, che dopo qualche tempo riuscirono a essere imbarcati a centinaia per volare nel nostro paese. Qui trovarono gente straordinaria, e una seconda e migliore patria (dove le regioni “rosse”, in primo luogo, diedero loro ospitalità e lavoro). Allende è stato un eroe, e la maggioranza dei cileni avrebbe voluto vederlo all’opera, governare, avanzare le riforme impostate nei primi due anni di governo. Era un regime dichiaratamente legato all’ideologia marxista ma aveva ottenuto il potere per via elettorale e non aveva instaurato il partito unico. Anzi, dalle interviste risulta che le leve del potere a cominciare dai mezzi di comunicazione di massa e dell’economia non avevano cambiato padroni. Molto si discuteva allora in Europa e anche in Cile sulle cause di una situazione economica e sociale che tra il 1972 e il 1973 aveva preso una piega pesante. Le destre attribuivano la responsabilità all’incapacità e alla dissennatezza di Allende, i suoi fautori ai reazionari e ai borghesi, alle carestie artificiali da essi procurati, con la complicità americana. Vi furono aumenti terrificanti di prezzi, disoccupazione e nelle strade di Santiago manifestazioni anti-Allende più o meno spontanee (anche se non se ne parla nel film). Altre immagini di repertorio richiamano feste e kermesse in Italia, in quei formidabili anni Settanta: con il Cile e i suoi cantori, gli Inti-Illimani, eretti a simbolo di libertà e di rivoluzione, così come lo fu Pablo Neruda, grande poeta, laudatore di Che-Guevara, premio Nobel nel 1971, e amico personale di Salvador Allende. Neruda che morì quindici giorni dopo il golpe, nello stesso settembre 1973. Le circostanze di tale morte suscitarono molti dubbi: Neruda era malato, ma c’è chi ha sostenuto che non si trattò di morte naturale.

Veramente un saggio meritorio questo di Moretti. La storia non ammette amnesie, e la memoria storica aiuta a comprendere il presente, senza eccezioni. La riserva qui posta in realtà non riguarda questo legittimo e importante documentario, ma il complesso dell’opera e, per così dire, il pensiero politico di Moretti. In decenni di attività non si è mai espresso (quantomeno in termini espliciti, né in interviste né tantomeno con i suoi lavori di cineasta) su quel che dirò subito. In una recente presentazione pubblica di Santiago, Italia allo Spazio-Alfieri di Firenze, Moretti ha dichiarato che il suo è un cinema umanista, attento alle persone, ai loro ideali, alle loro sofferenze, ai loro diritti; e che oggi tale attenzione è anche un fatto politico. Moretti umanista e politico dunque. La verità politica e intellettuale non sono però dimezzabili, né possono essere reticenti, strabiche o monocule. Ci piacerebbe sapere con una qualche precisione qual è il suo giudizio storico su altri stati totalitari responsabili di lutti e dolore infiniti. Quelli dei gulag e dei laogai, oscurantisti, burocratici, ma che si richiama(va)no alla dottrina marxista-leninista o maoista. E in quale chiave politica vada letto ciò anche in rapporto agli eventi del Cile. Sarebbe interessante sapere cosa pensa il regista romano dunque dell’umanità di chi in altre parti del mondo soffriva in quegli stessi anni e aveva sofferto per quelle altre autocrazie, e delle lotte di quest’altra metà del mondo. Verso i paesi della cortina di ferro e alcuni regimi del sud-est asiatico, o Cuba, c’era allora e in parte si conserva e si esercita oggi con punte di retorico orgoglio, dando corpo a una strana scala di valori, una certa benevolenza e un certo spirito giustificazionista: quelli che si hanno verso i modelli per quanto fallimentari e le illusioni gloriose dei tempi della gioventù. Chissà se la risposta sarebbe che niente è peggio del capitalismo, e poi… pas d’ennemi à gauche.

D’altra parte Moretti, significativamente, nell’unica scena in cui si fa ritrarre in volto mentre intervista un ufficiale cileno tuttora in prigione lo ammette, lo afferma e gliene va dato atto: “io non sono imparziale, non sono imparziale”. L’importante è tenerlo presente.

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.