29 Aprile 2024
MusicShow

Il sapore dentro di noi

Torna nelle sale in versione restaurata, a un anno o poco più dalla scomparsa del suo principale fattore e a trentasei dalla sua uscita, Sapore di mare, uno dei passe-partout che aprirono la porta degli anni Ottanta agli italiani. Obietteranno i miei sette lettori che si tratta di un tema cinematografico, alieno dunque a una rubrica musicale quale questa che mi è stata consegnata. Risponderà l’autore che Sapore di mare è anche e soprattutto un fatto di canzoni, come si evince dal titolo, una tessitura che affida alla colonna sonora il compito di evocare quello che è il tema principale della pellicola, ovvero la memoria unita alla nostalgia del tempo che fu. Esecrate negli anni Settanta come il peggio del peggio, il residuo refluo della società consumistica del decennio precedente, le canzonette dei Sessanta erano state sotterrate insieme ai loro interpreti, condannati a far la parte dei soprammobili di pessimo gusto di gozzaniana elezione.

Le melensaggini di quegli anni furono sostituite dall’impegno politico e sociale, e fecero fatica a trovare cittadinanza persino nel loro paese natio, quella Sanremo ridotta a riserva indiana alla rovescia. Il primo a scalfire questa caduta fu il divo forse più colpito dall’oblio rovesciato come una secchiata su quel decennio, Gianni Morandi. Tra il 1980 e il 1983, tra Mariù e La mia nemica amatissima inizia a consumarsi la vendetta del Gianni nazionale ,che guida una riscossa cui Sapore di mare dette il decisivo colpo di diapason. Tra Edoardo Vianello, Gino Paoli, la Cinquetti, Rita Pavone e Caterina Caselli i Vanzina costruiscono una partitura nella quale sono proprio le canzonette a fare la narrazione. Con momenti climatici indimenticabili, come il primo piano di Isabella Ferrari sofferente amplificato da Un anno d’amore di Mina, roba da far impallidire Carlo Teodoro Dreyer. E se il colpo finale, il più bel campo-controcampo del cinema italiano tra i volti di Marina Suma e Jerry Calà nel finale, è giocato su un brano coevo, ovvero Celeste nostalgia di Cocciante, non è un segreto per nessuno che gli interpreti di successo di quel decennio felix debbano ai Vanzina la loro fortuna posteriore, e che gli anni Ottanta lo sarebbero stati un po’ meno senza questo perfetto incastro di parole, azioni e musica.