29 Aprile 2024
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Antonia Guarnieri, Come io per lui- Memorie di una figlia-, Edizioni ETS 2018, pag. 272, € 22,00

Non è la prima volta che Antonia Guarnieri affronta il problema del difficile rapporto con i suoi genitori. In Madre per caso (ETS Edizioni 2016) è stata centrale la figura materna, ora lo sguardo e il giudizio si fermano sul padre, Silvio Guarnieri (1910-1992).

Di famiglia borghese, critico letterario e scrittore, dichiaratamente comunista e iscritto al partito fin dal 1945, coerente con i suoi principi etici, voleva che gli altri, e soprattutto i familiari, facessero ogni cosa al meglio, e non permetteva che infrangessero le regole pesanti imposte, mantenendo il controllo sulla vita delle figlie, soprattutto su quella meno capace di fare resistenza, per timore e rispetto. Come Nina.

Il romanzo autobiografico inizia dalla notizia ricevuta per telefono che il padre ottantaduenne era caduto dalla bicicletta battendo la testa e si trovava in ospedale in condizioni molto gravi.

Pur se la figlia parte alla volta di Feltre con la speranza di trovarlo ancora in vita, le sue reazioni alla notizia sono sconvolgenti: “Ma io non davo eccessiva importanza alla cosa, anzi provavo quasi fastidio per quanto accaduto…Dunque mio padre era all’ospedale…ci stesse, si sarebbe riposato un po’, avrebbe finalmente interrotto quella vita frenetica. Forse, nell’inerzia coatta, gli si sarebbe liberato il pensiero e, finalmente, sarebbe sfuggito al controllo della terribile volontà. Forse, allora, sarebbe riuscito a guardarmi con simpatia, o almeno con curiosità…E godevo all’idea che quel cranio sfatto forse non avrebbe più funzionato. Era ora, finalmente! Così non avrei più dovuto difendermi da lui”.

Chi conosce Nina Guarnieri sa quanto sia mite, dunque un incipit di questa potenza apre su voragini di sofferenza capaci di azzerare anche i più naturali sentimenti umani, al di là di ogni possibile elaborazione e perdono.

Con un ampio flash back la Guarnieri fa un’analisi accurata del suo passato, dal 1953 – lei aveva dieci anni – fino al momento della laurea in Lettere Moderne presso l’Università di Pisa ed il suo matrimonio seguito a breve distanza, nel 1968. Antonia Guarnieri è nata a Timisoara (Romania) dove il padre, per sfuggire alle limitazioni della cultura fascista, aveva accettato di dirigere l’Istituto di Cultura Italiana nel 1938, e dove l’aveva raggiunto la moglie sposata per procura in tempo di guerra.

Tutto dedito allo studio ed alla scrittura, lui – che senza dubbio le voleva bene da quanto emerge da queste memorie – si curava di Nina solo per far rispettare le buone maniere e per intervenire pesantemente sulle sue scelte, guidandole, forzandole, creando enormi disagi, divisioni interiori e sensi di colpa. Eppure Nina avrebbe mendicato un sorriso ed una carezza, ma non arrivarono mai, anche se per ottenerle si faceva sempre più mite e brava ed obbediente, rinunciando con dolore a ciò che la avrebbe fatta felice.

Quel padre così contestato l’ha fatta vivere a contatto con i nomi più importanti della letteratura del ‘900, per cui Nina ha avuto grandi privilegi nella formazione culturale ed esempi costanti di apertura agli altri, infatti il Guarnieri ospitava volentieri nella casa di Feltre gli amici scrittori e gli allievi del suo corso di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università di Pisa.

Tuttavia le rinunce e le tensioni interiori la fecero sentire diversa, strana, sfociando in malessere fisico, in inquietudine, che portarono il padre a rivolgersi all’amico Mario Tobino, medico psichiatra a Maggiano. Esperto com’era di malati di mente, non gli ci volle molto a capire che Nina era una ragazza sana, che l’unico suo danno le veniva dalla presenza incombente del padre. Tagliere, staccare, andarsene lontana, saluti e abbracci e via, fu il consiglio di Tobino.

Con uno stile narrativo coinvolgente, capace di profonde analisi psicologiche, la Guarnieri racconta la città di Feltre in ogni angolo di bellezza e il forte legame col territorio dove le abitudini sono sicurezze. Fondamentale per Nina la figura della nonna Antonietta, rassicurante e materno il suo personale rapporto con la sorellina.

La vita a Pisa, dove si iscrisse all’Università, fu l’inizio di un percorso nuovo, difficile, fuori dai punti di riferimento noti, bensì importante perché lei acquistasse sempre più consapevolezza dei suoi diritti e delle libertà di scelta, complice soprattutto, ad un certo punto del percorso, l’amore.

Antonia Guarnieri ci porta dentro il suo corso di studi, raccontandone luci ed ombre, svelando i difetti e le ossessioni di nomi importanti della cultura che era solita frequentare, perché lei quelle persone, quei docenti, li ha conosciuti bene.

Se il padre è onnipresente in tutto il libro, Nina emerge come protagonista, analizzata in ogni piega delle sue emozioni, lotte, sconfitte, vittorie, in un percorso ininterrotto di scoperta di sé, con simpatia verso i propri desideri ed anche verso i propri limiti.

Però nell’attesa in ospedale, dopo tanti anni, si rende conto che nemmeno la morte sarà liberatrice, perché i morti tornano nel pensiero, “non mollano mai”, perché “la loro sola possibilità di sopravvivenza sta nel ricorrere nel pensiero dei vivi, nell’imporsi alla loro memoria, costringendoli e anche violentandoli nelle loro scelte”.

Così lei sa che suo padre ci sarà sempre, “lui che mi aveva educato a sé, ma non ha potuto avermi perché io me ne sono andata, come era giusto. Ma lui per me ci sarà sempre, come io per lui”.

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.