Nelle poesie di questa nuova silloge di Anna Maria Curci, Nei giorni per versi (Arcipelago itaca, 2019), la cifra comune alle opere precedenti è la misura, perseguita non solo sul piano morale, ma anche nella versificazione: il lessico usato è quello delle persone colte, senza contorsioni e preziosismi, la singola parola è valorizzata dai sapienti accostamenti, dall’associazione intelligente con la delicatezza di chi sa suggerire senza dire. L’aggettivazione è essenziale, gli artifici retorici usati con sobrietà e in funzione espressiva determinante con quella compostezza e ricerca di perfezione formale cui già ho accennato, ottenuta con paziente operosità, ma anche, grazie alla luce dell’ingenium poetico dell’autrice.
L’espressione che meglio riassume la perfezione raggiunta dalla Curci è simplex munditiis, elegante senza artifici, ricca cioè di quella semplicità che viene miracolosamente valorizzata, non mortificata dallo studio e dal labor limae. Nei giorni per versiè un esempio di perfezione formale, ma non si esaurisce in essa: tratta i grandi problemi dell’età contemporanea, anche se in forma per lo più indiretta, allusiva. In tutto ciò si avverte la mediazione degli autori suoi prediletti e tradotti, scrittori europei quasi sempre, ma non solo, di lingua tedesca (Keats, Trakl, Lavant, Kraus, Bachmann e molti altri) di cui Curci è traduttrice di alto livello, ma cammina con le sue gambe, e a grandi passi. In altre parole, il linguaggio si depura e il tono si universalizza, mentre Curci ne conquista la perfetta padronanza. Così infatti suonano le sue parole: “Devozionale è la tua traduzione/ che vai limando con le guance accese./ Lo so: cerchi rifugio dall’orrore,/ ma l’imboscata, quella, sa aspettare.” In una intervista di Patrizia Sardisco su “Versante ripido” così si esprime Anna Maria Curci in merito alle sue traduzioni: “La mia voce poetica ha cominciato ad articolare i primi suoni proprio in lingua tedesca. Quando, ormai un quarto di secolo fa, alla lettura che mi accompagna da sempre si è affiancata la scrittura in versi, questi sono stati in lingua tedesca.”
L’autrice ha saputo compiere nelle centosettantatré quartine di endecasillabi con il sapiente gioco delle varianti e delle riprese allusive una perfetta fusione di forma e contenuto, nel senso che la forma scelta, classica, è la più adatta ad esprimere un ideale di vita dal respiro universale con temi dettati dall’abituale e garbata autoironia e con effetto inatteso. Nei giorni per versisi fa gustare dall’accorto lettore, quello cioè che non abbia fretta, callidusanche lui nel valutare il lavoro di cesello e la collocazione studiatissima dei termini dell’autrice che, con grande concentrazione espressiva, realizza in questa importante silloge una complessa tessitura, caratterizzata dal tono pacato e disteso della meditazione.