27 Luglio 2024
Sun

Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza, Vicenza 2021

«Noi “ragazzi di città” tendiamo a considerare una caratteristica da svitati, o un inquietante campanello d’allarme, un interesse per la Natura che vada oltre i limiti di una passeggiata al parco con il cane»: che si chiama Macchia. Così scrive Emanuele Trevi – fresco di Premio Strega – in questo suo Due vite (Neri Pozza Editore, Vicenza, 2021).
Noi «ragazzi di città» siamo Rocco e Pia – un po’ anche Rocco e Antonia anche se: «Con noi c’era anche Pia Pera, la nostra adorata Pia, che quando eravamo tutti e tre insieme spendeva sempre una discreta parte delle sue energie per far sì che non iniziassimo, io e Rocco, a litigare per i soliti futilissimi motivi».

Rocco e Antonia diventano ora Rocco e Pia accomunati non da un sentimento ma dall’assenza di un sentimento: il dolore, la sofferenza, il male – forse il male di vivere avrebbe detto il poeta. Infatti: «Solo negli ultimi anni il litio che prendeva lo aveva appesantito, ma senza mai fargli perdere del tutto quel suo aspetto tosto, agonistico. Sempre più che sobrio nel vestire. Anche le innocenti losanghe erano capaci di metterlo un po’ in imbarazzo, mi ha confidato una volta. Così come esiste l’orrore del vuoto, certi individui patiscono una vera e propria fobia dell’ornamento» così Rocco Carbone.

Litio e Macchia, Rocco e Antonia, Carbone e Pera: parole, nomi, segni, immagini. In un libro onesto ma non tragico, Trevi non si occupa precisamente dell’amicizia; più che altro circoscrive quello che esprime con questa frase: «E del resto le persone non sono stati d’animo, certi tratti fondamentali li vedono tutti». Non la condizione (bipolare) di Rocco, non la circostanza (la SLA) di Pia interessano a Trevi; non il contesto, il congiungimento di casi fortuiti (come accade con «l’incidente» nel quale – in motorino – perde la vita Rocco); più che altro «certi tratti fondamentali» – in un libro severo e austero, deciso e preciso e mai indulgente.
E quali sono questi «tratti»?
Rocco Carbone era «Arrivato in città da un meridione opaco, per niente solare e tanto meno dionisiaco: un retroterra di grigiore sociale e culturale dal quale era possibile portarsi dietro nient’altro che il decoro e una scienza pessimista e disillusa del cuore umano».
Pia Pera: «Era semmai una persona intensa, dotata di un’anima prensile e sensibile, incline all’illusione, facile a risentirsi».
Come nel film Teorema di Pier Paolo Pasolini – l’ospite «inquietante» (Nietzsche) sconvolge la vita di Lucia e paolo ma anche dei due figli Odetta e Pietro e della domestica Emilia – anche nel caso di Rocco e Pia c’è di messo un «ospite». Per Rocco: «E quando si trattò di raccontare il momento preciso in cui il cappio del delirio si era stretto intorno al collo del suo protagonista, a Rocco venne naturale rappresentare questo incontro nei termini di un’apparizione divina, facendo di questo strano e silenzioso adolescente, in tuta da ginnastica, che potrebbe essere scambiato per un semplice ladro, un dio o meglio, come avrebbe detto lo stesso Hillman, un dio incapace di portare salvezza, un archetipo malato». Per Pia Pera, invece: «Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.
E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno».

La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda non fu mai completato; certamente come le vite di Rocco e Pia; fratte, incidentate, inespresse. Trevi innesta a questo punto – e dentro questa «cognizione» che è «condizione» non esistenziale ma ontologica – tutto un discorso letterario (Carbone è romanziere, Pia è traduttrice) ma anche misteriosamente romantico: incontri tra i tre, crisi, ripensamenti, autodenunce, identificazioni non mai giunte a compimento. Due vite non è un libro su Due vite e non racconta una storia (meno che mai: due). E’ un libro nel quale «certi tratti» restituiscono il senso di un circolo che si allarga sempre di più – Due vite, la Calabria, Roma, Parigi, il giardino di Pia, Gianna Nannini…

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.