18 Aprile 2024
Sun

Eshkol Nevo, Tre piani, Neri Pozza Editore, Vicenza 2021

Il sospetto, la follia e l’amore per il figlio: o meglio ancora: la malattia, la solitudine e il conflitto fra un padre, una madre e il figlio.
Eshkol Nevo (in Tre piani, traduzione dall’ebraico di Ofra Bennet e Raffaella Scardi, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2021) mette in scena «tre piani» – non di lettura e meno che mai di lettura psicoanalitica – del tutto politici. Scoperchia il tetto di tre appartamenti di una palazzina borghese sita nei pressi di Tel Aviv e dentro vi scorge: il conflitto. Ma è un conflitto (tra sospetto, follia e amore per il figlio) del tutto «politico»: e non a caso sul finale c’è proprio la «manifestazione del milione».

Perché «politico»?
Un padre sospetta che la figlia sia stata violentata. Una donna sospetta che il fratello del marito non sia un’«apparizione» del tutto vera. Una donna (ex «giudice distrettuale») sospetta che tra l’amore per il marito e quello per il figlio (Adar) abbia fatto male (a suo tempo) a scegliere il primo.

E la follia?
E «Così sono, Michael, tuo figlio e sua moglie: credono che le parole causino solo malintesi. Meglio agire che parlare»? Ovvero: «Ma se c’è una cosa che le ultime settimane mi hanno insegnato è che le persone sensate non esistono. E nemmeno le azioni sensate. Esiste solo l’azione che una persona specifica, in un momento specifico, deve compiere».

Senza scomodare i filosofi è chiaro che la contemplazione (il pensiero) è una cosa e l’azione (la politica, la praxis) è un’altra. Non di pensiero vivono Arnon e Aylet, la coppia che ha come figlia Ofri che viene «incautamente» lasciata sola col vecchio vicino di casa (di «piano»: politico) Hermann e neppure Assaf e Hani che consumano il loro legame (questo sì: subconscio) all’ombra di reciproche indifferenze. E neppure Dvora e Michael (questo sì che è un romanzo di coppie: un vero e proprio triangolo di coppie che popolano questo all’apparenza tranquillo interno borghese) costretti a comunicare – vista la morte di Michael e la fuga dell’unico figlio Adar) tramite una vecchia segreteria telefonica.
Non è ego, pensiero, Io, Es e Superio piuttosto cose, azioni, concretezza, effettualità, realismo. Che è poi – lungo «tre piani» stavolta di lettura: l’ossessione, la coazione, la ripetizione – realismo politico.

«E’ cominciata già durante il parto. Assaf mandava sms mentre io avevo le doglie. Ti rendi conto? Io mi contorco dal dolore e lui tranquillo a messaggiare. L’epidurale riduce la sofferenza, è vero. Ed eravamo in ballo già da sei ore. Ma lo stesso, un po’ di sensibilità! Glòi ho detto: non è proprio il caso che stai qui a mandare messaggi. Ho dovuto trattenermi per non gridargli dietro. Per evitare di diventare lo stereotipo della donna che inveisce contro il marito durante il parto. E lui cos’ha fatto? E’ uscito. A messaggiare fuori. Ero sicura che sarebbe subito rientrato in camera a vedere cosa succedeva, ma è rimasto fuori. A messaggiare. E’ tornato solo dopo un minuto».

Rivolta, protesta, azione – politica – contro la borghesia. Eshkol Nevo lo ripete più volte a chiare lettere (tra l’altro, in ognuno dei «tre piani»): «Fra le villette di un quartiere bene, sua madre la menava con cinghia a righello. E lì non c’era un padre a separarle. Il che dimostra che non si può mai sapere cosa succede dietro una porta blindata».
E ancora. Scoperchiando, inframezzando «tre piani» di disagio e sconcerto, scavando – «Ho scoperto che presentarsi da sola a una gita per famiglie (e in generale a qualunque evento sociale nelle città di provincia) è considerata un’aberrazione. Un delitto contro la borghesia. Un banco di sabbia che fa affondare l’arca di Noè». Ma anche: «Un’isola di pace, chiamavo orgogliosa la nostra periferia. In quel momento mi è parsa un’isola di ottusità e conservatorismo … Abbiamo vissuto nel Borghesistan».

Nevo confeziona un vero e proprio atto di azione politica mettendo a nudo (e alla berlina) tutto l’edificio – scrostato e cadente – delle convenzioni, delle certezze e delle consuetudini borghesi. E lo fa in un romanzo denso e, in alcuni tratti, accattivante nel quale il formidabile incipit trova conferma – nel corso dello scorrere delle pagine – in episodi che snocciolano «tre piani» di azione per la vita: la vendetta, il dolore e la Ricerca del tempo perduto.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.