27 Luglio 2024
Sun

Elena Torre, La maledizione del nome, Castelvecchi Editore 2021, pp. 236

Terzo di una serie – dopo Il segreto dei custodi della fede e Il mistero delle antiche rotte- il thriller di Elena Torre, La maledizione del nome, trascina il lettore in un gioco continuo, tra interpretazioni, rimandi, domande. Con lo stupore di fronte alla abilità della Torre, scrittrice e giornalista eclettica, di creare intrecci intricatissimi tenendo sempre per mano i suoi molteplici personaggi che si muovono tra Città del Capo, Viareggio, Ginevra, Roma, l’Oxfordshire.

Si schierano l’uno contro l’altro il bene e il male: il male sta nella mente folle di un padre, Erik Rein, uomo dal potere illimitato. capo della setta dei Satiri che ha basi in tutto il mondo. A suo fianco uno stuolo di adepti che obbediscono ciecamente, e la compagna Maria Giulia Donati, degna sua eventuale sostituta.
Nella sua follia egli ha inciso a fuoco il marchio dell’aquila serpente, simbolo della famiglia, nel punto più basso della colonna vertebrale dei suoi due figli gemelli, Derek e Eleonore, all’interno di un rito magico, nel cuore di un bosco dell’Oxfordshire, quando erano ancora bambini.
La figlia, divenuta un importante medico della clinica privata di Ginevra, La Valle della Luna, si farà cancellare il marchio.

Derek, finito nelle mani del padre, viene pesantemente  drogato, ridotto al coma profondo ed inviato in carrozzella su un treno per Ginevra che dovrà esplodere. Viene salvato nella clinica della sorella ma non si risveglia nonostante i tentativi dei medici.
In lui il padre vede la divinità, secondo il padre Derek deve attraversare la morte e tornare in vita per inaugurare una nuova era dell’umanità: “dalla notte al giorno, dal buio alla luce”; dovrà “rinascere lui e tutte le persone che in lui hanno riposto fede”. Sotto il marchio gli ha impiantato un frammento della punta di una lancia che crede sia quella cha ha trafitto il costato di Cristo.

Si capisce dunque la lotta strenua dei figli – la terza è la giovane Sòfia – contro questa pazzia distruttrice di cui è già stata vittima la loro madre.
Due donne amano Derek. Non solo Michelle Valmont, ma anche Eleonore, la sorella, che si è sviluppata nello stesso grembo, che ha condiviso gli anni dell’infanzia con Derek, ne è stata confidente, complice, e davanti al suo corpo addormentato sa che non avrebbe più ragione di vivere senza di lui.
Se Derek ha una possibilità di risveglio, lei capisce che questa non sta nella medicina, ma solo nel suo amore, tanto che abbandona la clinica e torna con lui sul luogo della loro infanzia per attivare emozioni forti e ricordi.

Fondamentale in questo thriller, tra i simboli e le iscrizioni offerti come chiavi di interpretazione e soluzione di misteri, la figura dell’appeso: in una piazza di Roma, davanti alla “porta ermetica” pende a testa in giù un uomo ancora in vita, un rimando all’appeso dei Tarocchi. I personaggi trascorrono, cambiano veste, sfuggono, scompaiono.

Alla ricerca di Erik e della gente della setta incontriamo di nuovo una vecchia conoscenza, il commissario Biagini di Viareggio, con il suo agente Gerico e l’avvocato Rebecca De Roberto. Biagini ha già sacrificato un suo uomo in questa caccia.
Che ruolo hanno padre Caiante e padre Maurice nella storia? Da che parte sono schierati? Che cosa si trama in Vaticano? Chi spia e per chi opera padre Nikolaj?

Senza dubbio il lettore non si può distrarre se vuole seguire il gioco dei ruoli affidati ad ognuno dei personaggi senza smarrirsi. E se, come sarebbe opinabile, chi legge si schiera dalla parte del bene sottraendosi alla attrazione malefica della follia di Erik, che cosa si può aspettare mentre sfoglia le pagine? Quale donna sarà accanto a Derek? Chi sarà il vincitore? Qualcuno sarà ancora sacrificato?

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.