29 Aprile 2024
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La Costituzione degli influencer

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» recita l’incipit dell’articolo 21 della nostra Carta costituzionale. Tutti ne hanno diritto, anche gli influencer, gli youtuber, i creativi digitali, i social’s e i blogger. Sergio Mattarella ha ricevuto dodici creativi digitali under 40 che hanno affrontato – il tutto è visibile sul sito del Quirinale – dodici articoli della Costituzione per un progetto intitolato “La Costituzione in shorts”. Già, brevità, sintesi, semplificazione, velocità. Sono questi gli ingredienti tipici della Rete che, per l’occasione, si sono prestati nientemeno che ai contenuti della nostra Carta. Nell’occasione Sergio Mattarella ha detto: «La Costituzione è estremamente giovane, perché fatta con tanta saggezza, le cui norme si adattano a situazioni imprevedibili. Quindi è materia per giovani, più che per vecchi. È lo scrigno che tutela i nostri diritti e le nostre libertà».

La rapsodica circostanza di questo incontro ci conduce a fare alcune considerazioni. La Costituzione sarà pure giovane, ma quale può essere oggi il suo posto all’interno del World Wide Web? E se è vero che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero», una buona norma – non giuridica e nemmeno scientificamente provata ma assolutamente lessicale, di buon senso, ragionevole e culturalmente appropriata, ci indica che non per questo si debba banalizzare argomenti, limitare, sminuire, ridurre all’osso, minimizzare.

Un contenuto presente nella Rete non è propriamente un’opera che potrebbe aver scritto James Joyce. Lo so che questa, lo ripeto, non è una indicazione giuridica. Vale, infatti, per quello che vale! Ma se si pensa a quanto tutto questo “semplificare” influenzi il linguaggio, la sfera culturale, le nostre abitudini, la nostra stessa vita e il nostro stesso stare al mondo, allora ci si rende conto che forse questa osservazione non è tanto peregrina. I giovani ricevuti da Sergio Mattarella utilizzano un mezzo (che, come ci avvisava il vecchio saggio americano, oggi «è il messaggio») che è contraddistinto dall’utilizzo di una lingua, appunto, short. Difficilmente vedremo su qualche blog un pezzo scritto e composto alla Carlo Emilio Gadda. Ma anche questo non è un problema. Il problema è che tutti – in nome della Costituzione – possono manifestare liberamente il proprio pensiero attraverso qualsiasi mezzo desiderino. Ma se il mezzo ti impone delle regole allora il tuo pensiero viene massicciamente mediato dallo stesso mezzo. Per cui alla fine, questi “creativi digitali” (detto in generale, non mi riferisco ai dodici ricevuti dal nostro Presidente): producono dei “contenuti” che sono lontani dal discorso complesso che interpreta la vita e sono altro da pezzi di scrittura veri e propri (la Rete non lo consente) e che nello stesso tempo sono sottoposti ai codici del mezzo che stanno usando. Spesso si sente dire, erroneamente, non è il mezzo a qualificare il contenuto, ma è l’uso che se ne fa del mezzo. Ecco, questo è un concetto profondamente sbagliato. È dalla fine degli anni Sessanta che sappiamo che «il medium è il messaggio».

Far filtrare e pubblicare, dunque, alcuni articoli della Costituzione da questi influencer vuole, alla fine, dire una cosa: utilizzare (e questa è la nota positiva) la tecnologia attuale per un fine nobile, ma allo stesso tempo “acconciare” i dodici articoli stessi in modo che siano (e questa è la nota negativa) “accomodati” rispetto alle direttive di un universo di pensiero velocissimo, semplificatorio e banalizzante.

Il risultato dell’iniziativa del Quirinale è comunque senza dubbio positivo! Resta il dubbio, invece, su cosa ne rimane dei diversi contenuti espressi dalla Carta costituzionale. Ora, se è vero come è vero che i contenuti sono stati soppiantati dalle forme (sbaglio o ci hanno insegnato che questa è la civiltà dell’immagine?) ne abbiamo, per concludere, la risultante di un pensiero che ci deve far riflettere.

I segni, i simulacri (come diceva Jean Baudrillard), le forme, le forme simboliche (secondo la dizione di Ernst Cassirer), le interpretazioni (come Friedrich Nietzsche diceva – sostenendo che hanno già preso, completamente, il posto dei fatti) che tipo di società stanno proponendo e prospettando? Una società, come continuava, appunto, Nietzsche, nella quale «Non ci sono i fatti, ci sono solo le interpretazioni». Una società leggera, liquida avrebbe detto Zygmunt Bauman, soft. Un mondo iperuranico, fatto di pure idee (secondo la nota nozione di Platone). Un mondo fuori dal mondo. Perfetto nella sua platonica bellezza ma assolutamente distante dalla vita degli uomini. E non solo. A forza di idee, interpretazioni e simboli, il linguaggio dei nostri giovani ecco che diventa tutto una mera retorica. Una specie di sintesi strumentale: Tvb, 3mendo, qlc, qls, xfetto, ecc.
Oppure, per stare alla Costituzione: 🇮🇪 ✋🏽👊🏽🪖

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.