6 Maggio 2024
Senza categoriaWords

Antifascista…

Ci sono momenti della storia che si tingono di troppa cronaca. Questo accade oggi.
Si sta attraversando un periodo storico in cui una donna di destra, nata nel 1977, è diventata presidente del Consiglio e avrebbe tutti i titoli e la forza per aiutare l’Italia a uscire dall’ambiguità, affermando da destra, dalla sua destra nuova, fieramente italiana e di governo, che siamo tutti antifascisti. Invece sembrano valere, più della definitiva uscita del nostro Paese dal secondo dopoguerra, in un incompiuto  bilancio del ventennio mussoliniano, le valutazioni numerico-elettorali. Cioè, la ragazza della Garbatella sa che una parte degli italiani è  ancora legata al fascismo e alla sua cultura dell’ordine e dell’illiberalità.
In sostanza non è la Meloni che non può dirsi antifascista è un gran pezzo di italiani che la dipinge così: lei rappresenta una parte consistente di questa nazione che è convintamente nostalgica del periodo più buio della storia italiana. In sostanza: è il Paese che ammicca ancora al fascismo; la Meloni, pur avendo firmato sulla Costituzione antifascista, resta ambigua per ammiccare a coloro che ammiccano al fascismo.

Giorgia Meloni a settembre 2008, a seguito di una polemica sull’antifascismo sollevata all’interno del suo partito, cioè Alleanza Nazionale, disse: «Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo. Siamo nati a ridosso degli anni ottanta e novanta, siamo tutti protesi nel nuovo millennio; difenderemo i valori sui quali si fonda la Costituzione e che sono propri anche di chi ha combattuto il fascismo». Lì per lì sembrò la dichiarazione di una brava politica che seguiva l’apertura verso una destra finalmente antifascista, indicata dall’allora leader del partito Gianfranco Fini che, al congresso fondativo di Alleanza Nazionale a Fiuggi, affermò che era “il tempo giusto per chiedere alla destra di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. In realtà, a leggere bene, la giovane ministra del governo Berlusconi voleva dire che anche i partigiani aderiscono ai principi della Costituzione. Cioè ribaltava il concetto, come a dire: “anche quelli di sinistra hanno accettato i valori democratici”. Un sottile scarto logico che la dice lunga sul “pensiero storico” della Meloni. Del resto la fiamma arde ancora nel simbolo di Fratelli d’Italia…

Lo scorso anno, in occasione del primo 25 aprile con una premier che viene dalla storia del fascismo, Fini, in continuità col suo ragionamento della svolta di Fiuggi, chiese a Giorgia Meloni di vincere la ritrosia a pronunciare l’aggettivo «antifascista». La presidente del Consiglio non lo fece. Non gli riesce dirlo, come a Fonzie non riusciva dire “scusa”…
E oggi ci troviamo di fronte alla figuraccia, detta anche censura – per usare la parola idonea – della RAI nei confronti di un testo dello scrittore Antonio Scurati che dalla giornalista Serena Bertone avrebbe dovuto leggerlo. Nel testo si parte dal ricordo di Giacomo Matteotti (nel centenario dell’assassinio per mano di cinque fascisti, incaricati di farlo fuori da Mussolini stesso) e si arriva a chiedere alla premier di non proseguire sulla strada dell’ambiguità e dichiararsi antifascista.
La dirigenza RAI ha censurato il testo che così è diventato virale sui social e letto anche in varie televisioni private, ma anche su RAI Tre, poiché la Bertone ha dichiarato che l’autore Scurati assente dalla trasmissione le aveva regalato il pezzo da leggere. Lo hanno letto anche Roberto Vecchioni e Massimo Gramellini su LA7.
La censura ha moltiplicato l’attenzione sul testo e sul tema. Come le manganellate a Pisa moltiplicarono enormemente i cittadini che si riversarono per strada a manifestare contro la violenza delle forze dell’ordine verso un centinaio di ragazzini inermi.

Quale vantaggio ne ricavi la Meloni è intuibile soltanto a fini elettoralistici. Certamente ci rimettono i cittadini italiani, la cultura del dialogo politico e la crescita della nostra debole democrazia nazionale.