David di Donatello 2024: una festa del cinema italiano, tutto sommato riuscita
Una lunga diretta su Rai1, affidata alla professionalità tuttofare di Carlo Conti e alla vivace disinvoltura di Alessia Marcuzzi, ha accompagnato la cerimonia di consegna del premio più importante del cinema italiano. In platea un parterre ricchissimo diremmo quasi completo di attori, produttori, registi del nostro paese. C’era perfino un Nanni Moretti apparentemente meno nervoso del solito, che per quanto il suo Sol dell’avvenire non abbia (improvvidamente: meritava) ricevuto nessun premio ha anche applaudito i colleghi più fortunati di lui. I due film che hanno ottenuto i maggiori riconoscimenti sono stati C’é ancora domani della Cortellesi (qui recensito il 5 aprile) e Io capitano di Matteo Garrone, un lavoro che chi scrive ha visto ma non ha avuto la possibilità di presentare ai lettori di Alleo. Si tratta di un film serio, realistico, ben costruito e recitato, anche grazie all’affidamento ad attori africani non professionisti dei ruoli principali; un film dedicato al lungo viaggio degli emigranti, drammatico e dolente, portatore di lutti e ferite interiori, viaggio visto come esito del sogno del miglioramento delle condizioni di vita. E occorre ribadire quanto sia inumano e stolido stabilire, come discrimine per l’accoglienza, la distinzione tra profughi di guerra e immigrati per ragioni “economiche”. Questo duplice viaggio, via terra e via mare, con tutte le sue traversie e le violenze dei lager libici, descritti con crudezza, è raccontato da Garrone fino alla destinazione finale in Italia. Opera molto interessante anche sul piano della introspezione psicologica e della investigazione sociologica: ci si sofferma sulla psicologia del migrante, per esempio nell’analisi dei rapporti tra i giovani desiderosi di andarsene e i loro familiari, talvolta inclini talaltra scettici e impauriti rispetto alla prospettiva dei rischi cui i loro ragazzi andranno inevitabilmente incontro; si ritraggono con sensibilità e accuratezza scene di vita sociale, atmosfere e usanze di città e villaggi africani.
Garrone e i suoi giovani attori, così come la Cortellesi, hanno fatto “lo stradino” tra la platea e il palco, tra ringraziamenti e un po’ malcelate autoincensazioni. Una buona messe di premi ha raccolto anche Palazzina Laf di M. Riondino, fiction su Taranto e la vicenda dell’Ilva (e poi su tematiche ambientali, immigrazione, ruolo dei sindacati) e qualchericonoscimento ha ottenuto anche Rapito di un sorridente e ironico Bellocchio: che Dio ce lo conservi! I registi Rai inquadravano poi ogni tanto altri personaggi che avrebbero forse meritato un premio, che invece, come spesso accade in queste occasioni (anche agli Oscar) si è concentrato appunto su poche pellicole, anche per i riconoscimenti di minor richiamo (ma fondamentali, scenografia, fotografia, sceneggiatura ecc.) e altri collaterali e di contorno (dalla canzone migliore alle acconciature). Avremmo tenuto in considerazione come opera prima Felicità di Michaela Ramazzotti, e avremmo dato qualche premio di compensazione a La chimera di Alice Rohrwacher.
Un momento altamente commovente e una idea ben pensata è stato il premio speciale al grande giornalista Vincenzo Mollica, accompagnato dalla sua signora, parkinsoniano e non più vedente, ma lucidissimo, spiritoso, pieno di coraggio e felice anche di ricordare il suo maestro Lello Bersani. E anche il premio alla quasi novantenne Milena Vukotic, in gran forma, e ancora attiva in teatro.
Un altro momento che ci piace menzionare, tra molti commenti e ringraziamenti da parte dei premiati e qualche allusione politica scontata, riguarda Sergio Ballo, miglior costumista per Rapito; dopo aver ha polemizzato con la location nella quale l’organizzazione aveva deciso di attribuire riconoscimenti considerati “minori”, Ballo sia pure con qualche divagazione di troppo e per ragioni personali, apparentemente slacciate dalla contingenza ha lanciato un grido d’allarme sull’antisemitismo in Europa e sul malinteso modo di intendere la nozione di “sionismo”. Finalmente qualcosa di diverso dalle solite frasi fatte sul “vogliamo la pace”, ripetute anche ieri sera proprio nella giornata, se ci è concessa una osservazione, in cui i russi dichiaravano minatoriamente al mondo, e a Cameron e Macron, che guai a difendere l’indebolita e scoraggiata Ucraina, perché questo porterebbe a una escalation e alla guerra totale in Europa. Insomma la guerra la fanno i russi e gli altri la possono solo subire. Attenta Georgia.
Nel complesso, anche e paradossalmente per la stessa numerosità dei premi e per le infinite formule di rito e ringraziamenti, e al di lá di qualche lungaggine di troppo (inclusi intermezzi di canzoni ed interviste), una manifestazione che ha avuto un merito: far capire meglio e fornire una dimostrazione della coralità del cinema, dell’importanza di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione di un film, e della amicizia e solidarietà che spesso si crea fra tutti questi uomini e donne della troupe, dall’ultimo dei collaboratori, alle comparse, agli elettricisti, ai parrucchieri, ai registi e ai produttori. Un aspetto che tra le righe emergeva anche dall’ultimo e non premiato film di Nanni Moretti.
ECCO LA NOTIZIA ANSA SULLA CERINONIA E L’ELENCO DEI PREMI