27 Luglio 2024
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Militari italiani in Libia

Il generale Khalifa Haftar ha ricevuto, alla fine di Febbraio, un notevole carico di armi che sono sbarcate in Tunisia: servono alla sua offensiva che, si dice, sia già nelle sue fasi iniziali. E pensare che la bischeraggine onusiana voleva estromettere Haftar da ministro della difesa del governo “unitario” libico, preferendogli un suo vecchio sottoposto caduto in disgrazia.
L’offensiva del generale, iniziata dopo alcuni attacchi suicidi presso l’aeroporto Benina, messi in atto dal “Consiglio Rivoluzionario della Shura” opererà con le tribù anticamente fedeli a Gheddafi, i Warfalla, il clan maggiore, la vasta popolazione di Zintan, i clan delle periferie di Ras Lanuf e Ajdabija, le zone petrolifere che l’Isis ha immediatamente occupato.
Sul piano geopolitico, la mossa di Haftar è insieme un sostegno all’impegno militare occidentale e una occasione, da parte di Tobruk, per eliminare il governo rivale di Tripoli, in mano ad “Alba Libica”, la mano armata dei Fratelli Musulmani, e alle altre organizzazioni jihadiste.
Proprio le forze speciali francesi sarebbero in questa fase presenti nel suddetto aeroporto di Benina, ad est di Bangazi, mentre è probabile che aerei dell’”operazione Dignità” di Haftar siano in volo con insegne libiche del governo di Tobruk ma che, in effetti, siano effettivamente guidati da piloti egiziani.
Il regime di Tobruk controlla la Cirenaica, lo stato islamico di Al Baghdadi gestisce la zona della costa, tra Tripoli e Bengazi, con il suo centro di gravità nella Sirte.
Sul territorio libico, oltre alle prossime armate occidentali, vi è una guerra per procura tra la Turchia e il Qatar, da un lato, e dall’altro Egitto, Arabia Saudita e Emirati. Al momento della sedicente liberazione da Gheddafi, furono le forze speciali del Qatar a gestire le operazioni principali e ad addestrare le nuove milizie sulle montagne del Nafusa.
Il Qatar finanzia l’Isis: nel 2014 l’ambasciatore dell’Emirato mandò 1800 jihadisti dalla Libia in Siria ed è ovvio che, con la collaborazione della Turchia, il Qatar vuole a basso prezzo economico e militare le zone petrolifere libiche, controllate dal suo client group Isis.
Gli interessi occidentali in Libia sono presidiati oggi non da militari, ma da contractors. Saranno le operazioni militari sul terreno, in fase di attuazione, che contrasteranno il califfato di Al Baghdadi, con almeno seimila uomini sul terreno, comandati dall’Italia. Si potrà pensare ad attacchi missilistici, condotti anche da navi italiane, USA, britanniche e francesi, mentre un gruppo di soldati sbarcherebbe sulla costa della Sirte per prendere i capisaldi dell’Isis, mentre successivamente l’insieme dei soldati si dirigerebbe per conquistare Tripoli, Misurata, Zlitan e Qums. In parallelo, l’altro gruppo catturerebbe Bengazi e Ras Lanuf. Poi, ma a tempi molto stretti, una serie di forze da sbarco arriverebbero a Derna, altra area di espansione del jihadismo.
Circa quaranta operativi dell’AISE sono già presenti in Libia, tra Tripoli e l’area di Mellitah, zona dell’ENI. Si arriverà, con ogni probabilità, ad un totale di circa 150 elementi italiani. Spero solo che, in Italia, non ci sia la solita gazzarra sul maledetto art.11 cost., e ci si senta solidali con questi bravissimi soldati che vanno ad evitare quel peggio che, peraltro, abbiamo già sperimentato.