Daniele Segre
a cura di Marcello Cella e Elena Pinori
Il giovane cinema italiano d’autore
Secondo me non esiste un cinema italiano d’autore. E’ una grande fregnaccia che non serve a nessuno. Diciamo che per quanto mi riguarda, rispetto a quello che io considero interessante, esistono delle situazioni italiane locali, partendo dalla Sicilia e salendo attraverso Pisa, Milano, Torino. Credo che occorre saper guardare a questi progetti, sapendo però che c’è la grande fatica del sopravvivere. Quindi queste situazioni, che non sono necessariamente collegate alla grande industria cinematografica, sono dei riferimenti dai quali uscirà qualcosa di veramente nuovo che probabilmente potrà dare una nuova identità al cinema italiano. Oggi come oggi ci sono delle buone premesse, ma non sono ancora in condizione di dire se si è creato un nuovo gruppo che è in grado di rapportarsi al mercato con la propria identità, con pochi mezzi ma con delle idee, e anche con un modo nuovo di fare cinema. Quelli come Salvatores, Risi, Tognazzi, Archibugi appartengono al vivaio dell’industria dove ci sono altre logiche e quindi un percorso totalmente diverso dal nostro. Non abbiamo probabilmente niente in comune. Forse, solo le sale cinematografiche che ogni tanto ho la possibilità di frequentare per far vedere i miei lavori. Ma questo mi fa piacere. Non a caso la mia società si chiama i Cammelli e io ritengo di appartenere alla nuova resistenza. Lo scontro è impari, cioè non abbiamo chances di vittoria. Se vogliamo confrontare i mezzi che abbiamo a disposizione, siamo assolutamente perdenti su tutti i fronti. Però credo nell’intelligenza, nel talento e anche nella capacità di riuscire a superare le difficoltà. Certi film vengono ammazzati dall’industria. Li fanno uscire una volta, due, e poi annullano totalmente sia le potenzialità della storia dell’autore sia del film. Io, invece, ho avuto soddisfazione perché oltre ad essere regista sono produttore e come tale ho definito una strategia con l’Istituto Luce. Io controllo tutto come deve fare un produttore, cercando però di non rinnegare la storia che ho alle spalle, cioè i cineclub e tante altre occasioni non di primo livello ma grazie alle quali il mio lavoro è conosciuto. In questo modo, “Manila Paloma Blanca” da quando è uscito a Venezia, ancora oggi esiste ed è in programmazione. E per come ho raccontato la storia di questo film, questo è letteralmente miracoloso, perché un film così piccolo, oltre a girare per l’Italia, va all’estero, vince festival internazionali ed è invitato in tutta Europa. Mi sembra eccezionale.