La (mia) eroina
Siccome si sono letti e si leggono commenti, sulle sconfitte politiche –anche recenti-, troppo inclini al lirismo financo all’epica, vorrei indicare qual’è il mio “eroe”, anzi la mia “eroina”. E’ una giovane madre trentenne che, da sola, mantiene se stessa e due figli piccoli di un padre che non se ne cura. Con poco più di mille euro al mese, quella giovane eroina dei nostri tempi tiene in dolce equilibrio una barca in continua balia dei venti, garantendo ai figli un’esistenza decorosa, e lo fa mettendo in campo anche la sua dignità per chiedere aiuto ad amici e parenti. Nonostante ciò, quella mamma è costretta a convivere con il dolore di una mamma che deve spesso dire ai figli che possono avere poco di quello che altri bimbi hanno. Sono continui “no” che frustrano e stremano anche un’eroina coraggiosa. Questo eroismo del quotidiano vivere faticosamente non è isolato; riguarda milioni di uomini e donne, che, evidentemente, chi governa – a Roma come a Bruxelles- ha poco compreso e poco ascoltato. Fuori dalla metafora, so benissimo che uscire dalla crisi sociale ed economica che ci ha travolto è difficile, richiede tempi non brevi; tuttavia intanto sarebbe bastato e basterebbe riconoscere quella sofferenza, indicando con chiarezza che i tempi di lenimento non possono essere brevi, affermandone però la priorità, lì orientando il massimo degli sforzi. Proprio in questi giorni “La Stampa” ha pubblicato un dossier sull’impoverimento dei ceti popolari nel nostro paese, sintetizzato con il sottotitolo: “Dal 2005 al 2015 l’incidenza di povertà assoluta tra le famiglie operaie è triplicata”. Invece, chi ha governato il paese, in questi anni, ha raccontato altro, ha pontificato su ripartenze dello sviluppo che erano ben poca cosa, ha enfatizzato riforme che erano mal fatte (salvo un paio), dileggiando chi invece le criticava nel merito o ne evidenziava la non urgenza rispetto all’emergenza sociale; ha disegnato un’Italia tutta ottimismo ed effetti speciali, quando era solo uno scoppiettare di mortaletti dalla breve gittata. Ci sono state scelte positive ed apprezzabili rivolte al disagio sociale, come l’aumento del fondo per la povertà o aiuti alle pensioni minime ed alle famiglie in difficoltà; ma quelle scelte non hanno avuto l’impatto necessario per affrontare il dramma di molti nostri concittadini. Non hanno avuto la centralità e, quindi, la straordinarietà di risorse e di soluzioni che la dimensione dei bisogni avrebbe richiesto (a partire da forme di sostegno al reddito per i giovani senza lavoro). Naturalmente non mi sfugge che dietro la disperazione di molti si nascondono coloro che sono contrari al cambiamento per puro egoismo, per difendere le proprie rendite di posizione, facendo un polverone che tutto avvolge in un indistinto malessere. Però chi governa aveva ed avrà proprio la responsabilità di distinguere e riconoscere la sofferenza per non lasciarla alla demagogia di chi la usa per altri fini. Ai militanti da tastiera, ai giovani politici e governanti dai curricula rampanti consiglierei la lettura (anche se forse non è disponibile in digitale) di un bel libro di Hans Fallada (E adesso, poveruomo?) che spiega il legame tra nazismo e disperazione sociale, raccontando il dramma della disoccupazione e della povertà, specialmente tra i giovani, nella società tedesca che poi si consegnò al mostro hitleriano. Tutti i fascismi hanno sempre attinto dal disagio sociale, da una qualche Weimar. Naturalmente non penso che oggi si corra quel rischio, tuttavia è certo che trascurare il dolore e la sofferenza di un pezzo fondamentale del paese può comportare un imbarbarimento della domanda e quindi dell’offerta politica, una semplificazione delle soluzioni, che è l’anticamera di nessuna soluzione efficace o di una democrazia che cerca le scorciatoie del “singolo che decide” sulle procedure condivise, delle eccezioni sulle regole, del nemico di comodo su cui scaricare ogni colpa. Decidere è fondamentale ed urgente. Decidere presto è importante, ma soprattutto è importante decidere bene, ascoltando e confrontandosi con chi conosce e vive i problemi oltre le stanze ovattate dei poteri. Decidere bene, con poche risorse a disposizione, significa scegliere chi privilegiare. La mia giovane mamma eroina e l’impresa che cerca di sopravvivere nel mercato globale sono di certo coloro che si devono privilegiare. Hans Fallada si chiede: “…“Oh perchè, pensa Lämmchen, non abbiamo un pochettino di soldi in più! Da non dover sempre stare in ansia a contare il centesimo! Sarebbe tutto così semplice, tutta la vita sembrerebbe diversa…”. Perché davvero la gente non chiede poi molto; lavoro e un pò di soldi per campare dignitosamente. Questa –ora più che mai- dovrebbe essere la priorità di un Governo. Poi arrivi tutto il resto!