27 Luglio 2024
Movie

“Una notte di 12 anni” (di A. Brechner, FRA-ARG-ESP 2018)

I 12 anni del titolo sono anni bui della storia dell’Uruguay, piccolo paese dell’America Latina, la cui vicenda è nota a partire dal XVI secolo, scoperto dagli esploratori spagnoli. L’Uruguay è stretto geograficamente e costretto storicamente tra i grandi stati dell’Argentina e del Brasile, ai quali è in grado di contestare il primato solo in campo calcistico, per la sua grande tradizione futbolistica: due volte campione del mondo in anni lontani ma capace di sfornare in continuità di tempo sino ad oggi talenti straordinari quali Ghiggia, Schiaffino, Cubilla, Francescoli, Luis Suarez, e il più forte di tutti, Edinson Cavani.

Ma si chiuda la parentesi giocosa. Questi 12 anni iniziano nel settembre 1973, quando un putsch militare si verifica in quasi esatta coincidenza con la caduta in Cile del governo Allende  (cf. la recensione in questa sede del recente Santiago, Italia di N. Moretti). Alcuni guerriglieri del movimento di liberazione nazionale dei tupamaros (fondato dal sindacalista Raul Sendic nel 1963-1964) vengono presi di mira nell’ambito di un’azione segreta dalle forze dell’ordine e tradotti qua e là per diverse carceri del paese, torturati fisicamente e psicologicamente negli anni a venire. Il film è la storia di come sopravvissero.

Esso potrebbe rientrare anche nel genere del cinema carcerario tout court o politico-carcerario alla Costa-Gavras. Per gran parte illustra, con una narrazione scandita, più che annalisticamente, quasi giorno per giorno, le pesanti sofferenze di tre carcerati in modo particolare, poi diventati con la ri-democratizzazione del paese leader integrati nel sistema politico con posizioni di assoluto rilievo (un po’ come avvenuto in Italia e in Francia per alcuni esponenti di spicco tra i sessantottini, con la differenza che i tupamaros si trasformarono in partito vero e proprio). Fra questi tre, “Pepe” Mujica (interpretato da Antonio de la Torre), poi Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015.

Il film invero fornisce un ritratto piuttosto manicheo dei tupamaros rispetto alla complessità della situazione, e non chiarisce i caratteri originali di questo movimento, che senza teorizzare la nonviolenza ma senza rivelarsi all’inizio particolarmente aggressivo, mosse però contro il governo in carica progressivamente arrivando all’impiego di tecniche terroristiche (non dissimili da quelle degli anni di piombo in Italia) che colpirono uomini di cultura, di governo, dell’economia e interessi riconducibili alle finanze statunitensi. La durezza delle carceri, dato comune ai giorni nostri anche nei paesi più avanzati o presunti tal, diventa nell’opera di Brechner deliberata violenza + sadismo, onde meglio rappresentare la realtà dispotica dell’Uruguay di quel tempo. Ma non convince l’immagine di buoni vs cattivi, e non mancano affatto momenti di glorificazione e di affettato eroismo, degni dell’oleografia propagandistica sovietica o cubana degli anni ’60-’70. Un film che tende a impantanarsi nella retorica. In tal senso è effettivamente “fotografato bene, con tutte le facce giuste al posto giusto” e non a caso descrive i protagonisti imprigionati come “di straordinaria caratura umana, etica e morale, capaci di abbandonare la prigione augurando il meglio ai loro carcerieri, o pulendo tutto quanto c’è da pulire per quelli che verranno dopo di loro” (cfr. su questo e altri aspetti il giudizio assai elogiativo di F. Gironi, https://www.comingsoon.it/film/una-notte-di-12-anni/55789/recensione/).

Non è un film che appassioni, sebbene contenga alcune scene coinvolgenti e ben girate. Non è, in definitiva, un film imperdibile. Certo, chi vuole (soprattutto laddove entri in sala con idee preconfenzionate) esce commosso e contrito, persino singhiozzante; il meno politicizzato, o chi ha un po’ di senso critico, rimane abbastanza freddo e consapevole di non aver imparato gran che.

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.