30 Aprile 2024
Different

Donne e soldi: la resa dei conti

Insieme a tanti sto facendo i conti, credo. Più col passato recente che col passato remoto, con cui ho fatto pace ma a cui non faccio sconti. Gli abbagli lasciano gli occhi arrossati, qualche rammarico e cose di cui non posso perdere la cura. Le amicizie e gli amori restano forti a difesa di quanto di buono siamo stati, forse non a sufficienza. Più di così però è difficile. Dispiace ma è andata. Fin qui.
Se fosse stata questione di donne?
C’è in giro chi lo dice, chi lo nega e chi lo sospetta. Se fosse stata questione di donne, di narici, di ormoni, di testosterone, di quella “fretta tutta fibbie, lacci e brividi. Un occhio alla lambretta”, beh se si fosse trattato di questo da parte mia nulla questio. Beati gli amanti, i tradimenti, le confessioni, la cadute in disgrazia, le fughe dai terrazzi, le bugie. Ma non mi pare siano state questioni di donne. In politica, a certi livelli, si approfitta di tutto ma il letto è tabù. Se viene in campo il letto sono guai enormi e per cavarne malamente le gambe dovresti chiamarti Bill Clinton. Avete visto passare un profilo di tal fatta dalle nostre parti? Non dico ieri, penso agli ultimi 30 anni. Non credo.
Si sono visti negli ultimi quindici farsi avanti donne e uomini nell’età in cui la questione avrebbe potuto porsi ma non risulta. L’ultima generazione che ha fatto propria la scena politica risulta abbottonata. Fedele con prole, con prole scoppiata, single, ma niente su cui i talk si sarebbero fatte le unghie. Tanti cari, cara, ma niente da nascondere. Ho creduto davvero che quella stagione politica fosse tale da bastare a se stessa, da affollare giornate frenetiche e lasciare al sonno scampoli di tempo. Le linguacce restano al palo.
Se fosse stata questione di soldi?
Avrebbe potuto essere questione di soldi. Il fuoco nemico ne ha approfittato: ha inventato il sospetto, ha perseguitato i sospettati, ha diffuso giudizi inappellabili, ha invaso il quotidiano con sistematicità. Al sospettato è bastato un attimo ed era colpevole. La diceria ha autorizzato formule bizzarre: “traffico d’influenze”. Basta il ruolo, basta la vicinanza, basta la parentela. Toni da tripudio sotto la forca. Interessi privati, privilegi, scambi d’inchino. Al bar ci inzuppano tutti il cornetto, il cappuccino è quello che beviamo noi, tutte le mattine.
Eppure non è questa la questione dei soldi. No, non è la ridda, è la vita. Quella che scorre tra le dita, che semina, che raccoglie. Tu vai, mieti insuccessi ma guadagni audience. Incassi. Passare la cruna dell’ago? Meglio se ti fai cammello.
Resta il fatto che la vita una volta lasciava che il mito sopravvivesse alle imprese del suo corpo di passaggio, ora si adatta, si accomoda, profitta. Non perde il timbro e nemmeno punti di ragione che restano prigionieri di contratti editoriali, di medio cabotaggio e di qualche rancore di troppo. I soldi anche quando guadagnati con ore di lavoro, se non ci sei abituato, se non ci hai convissuto da generazioni, non fanno bene. Sono comodi e rendono ciechi. Più che le masturbazioni di quell’età che non riusciamo ricordare.
Beati i ricchi. Quelli che già c’erano e quelli arrivati di recente. Non provo invidia, nemmeno rancore, figuriamoci recriminazione. Anch’io mi ritengo molto fortunato. Mi pare che l’oggi ottantenne Francesco Guccini abbia lasciato cantato: …” Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa ed un cuore di simboli pieno”.
Credo comunque si renda necessario dare una mano a quel che non sappiamo ancora. Ci penso.