27 Luglio 2024
Words

So’ Meloni

Spesso donna dei record, senza mai puntare sull’essere donna, Giorgia Meloni è la prima italiana che diventa premier. E anche l’incarico lo riceve a tempo di record: 26 giorni dopo le elezioni che l’hanno portata a sfiorare il 30%. Lei lo accetta senza riserva. Rapida, essenziale, rigorosa come il look che sceglie per salire al Quirinale. Tailleur Armani di linea morbida, blu come la camicia e décollete di velluto. Unico vezzo, il tacco a spillo oro rigorosamente da 12. Oltre alla chioma sciolta, che cambia rispetto alla coda bassa e il ciuffo in libertà della mattina. Così si limita a leggere la lista dei ministri – a parte un errore rettificato in serata – e 16 ore dopo è pronta a giurare.

La politica che più di tutte ha bruciato le tappe, a 45 anni approda a Palazzo Chigi. È la prima presidente del Consiglio romana doc, dopo l’ultimo esempio di ‘romanità’ incarnato da Giulio Andreotti e dopo la lunga sfilza di premier politici venuti da lontano come Silvio Berlusconi da Arcore, il bolognesissimo Romano Prodi o i toscani Enrico Letta e Matteo Renzi. All’occasione che aspetta da tempo, Meloni ci arriva con un “in bocca al lupo” e il “ti voglio bene” che le ricorda la madre poco prima. Geograficamente al traguardo politico più ambito, Giorgia ci arriva dalla Camilluccia, zona ‘bene’ della Roma nord. Qui passa l’infanzia. Ma è una parentesi, prima del trasloco forzato alla Garbatella, quartiere molto più popolare e a sud. Colpa di un incendio a cui contribuisce, a 4 anni insieme alla sorella, lasciando una candela accesa nella capanna costruita in cameretta. Se la dimenticano per guardare Candy Candy in tv e il fuoco divora la casa.
La madre, mille lavori e un compagno già andato via di casa, ricomincia da zero. Un esempio che resta impresso nella mente della leader che nel 2008 fonda Fratelli d’Italia, il partito nato dalle ceneri di Alleanza nazionale. “Forse è così che ho trovato il coraggio di rifondare una casa politica”, racconta nel suo ultimo libro. E scherza: “Se l’avevo visto a 4 anni, perché non riuscirci a 35?”. Per Giorgia, Garbatella è il suo vero quartiere. Lì ci abitavano i nonni. Un bilocale e un letto da dividere con la sorella, “una da capo e una da piedi”, come le imponeva nonna Maria. La brandina da sola, in cucina, arriverà anni dopo. Origini popolari mai negate, sempre rivendicate. Anche ora che abita in una casa a schiera nella zona residenziale di Mostacciano, con il compagno e la figlia.

Nella Garbatella celebrata dalla serie sui Cesaroni, si celebra pure il suo battesimo politico. A 15 anni bussa alla sede del Fronte della gioventù, dietro casa, spinta dallo choc per l’attentato a Paolo Borsellino. Tanto che, dopo l’incarico, guardando una foto del giudice alla Camera, dice: “E’ un cerchio che si chiude”. Da giovane, nella sede del Msi, trova “la sua seconda famiglia” (suo copyright). La stessa che l’affianca nella militanza in Azione giovani e in An, trampolino per l’elezione alla Camera diventando la più giovane deputata di quella legislatura, a 29 anni. Due anni dopo, un altro record: è la ministra più giovane dell’Italia repubblicana nel quarto governo Berlusconi.

Adesso gran parte di colleghi e amici è lei a sceglierli come ministri. Parecchi li decide insieme agli alleati. Gli ultimi – pare – in solitaria, forse esausta per il tira e molla con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. In mattinata affronta la prova delle consultazioni attraversando il cortile quirinalizio con passo quasi marziale, davanti ai suoi capigruppo. Berlusconi è dentro e si fa fotografare sul ‘trono’ nella sala dello Zodiaco. Dal presidente Mattarella tutta la coalizione resta 11 minuti. Subito dopo è lei a parlare per tutti. A destra ha il Cavaliere, a sinistra il ‘capitano’. Loro sorridono. Lei resta seria. Sembra aver fretta, comincia a parlare e 73 secondi dopo, ha già finito. Cadenza le parole sulla necessità di un governo “nel minore tempo possibile”. Gesticola per indicare tutta la coalizione, che “non a caso si è presentata insieme” e lì sorride, chissà se sarcastica. Scandisce bene la parola “unanime” sull’indicazione data a Mattarella del suo nome. È allora che Berlusconi e Salvini incrociano lo sguardo. Il primo non si trattiene e alza un sopracciglio, quasi a constatare – è l’interpretazione più maliziosa – che non si è potuto fare diversamente. Meloni non coglie e prosegue, dicendo che il centrodestra ha indicato “la sottoscritta”. Qui un sorriso le scappa e sembra dire ‘Eh sì tocca dirlo proprio così”.

[di Michela Suglia – da ANSA]