27 Luglio 2024
Movie

“Titane” di J. Ducournau (FRA-BEL 2021)

Non abbiamo recensito la Palma d’Oro a Cannes 2021 per Titane, che fu annunciata con una ormai celebre gaffe da Spike Lee in apertura di cerimonia. Si tratta di un film definito abitualmente di genere horror (anzi body-horror) e variamente commentato come scioccante, sconvolgente, ove bon stomachevole. Opera seconda di Julia Ducournau, autrice dell’horror magico-‘cannibalistico’ Raw (2016). Ma queste valutazioni, dal nostro punto di vista, non sono calzanti, anche se di nuovo con la Ducournau il ‘corpo’ e le sue mutazioni la fanno da padrona. Se visto senza pregiudizi e con la giusta predispozione al divertimento disimpegnato Titane merita un buon apprezzamento: il film è un avvincente fiction, violenta e grottesca, ben sceneggiato e diretto e che non rischia né l’insulsaggine né il ridicolo.

Da bambina Alexia (Agathe Rousselle: Alexia è anche il nome drammatico di una delle protagoniste di Raw) a seguito di un grave incidente d’auto, causato da lei stessa – giacché tra il dispettoso e il provocatore rompe iogni modo dal sedile posteriore le balle al padre mentre guida distraendolo irreparabilmente – vive con una placca di titanio in testa. Lo stesso incidente è forse la causa psicanalitica della ossessione di Alexia per le macchine e quelle d’epoca in particolare. Adulta, vive in famiglia, ma lavora come attrazione sessuale nei motorshow ella stessa appassionata in modo insano di motori e di auto. Diventa celebre, e è spesso stalkerizzata. Presto emerge la sua natura di serial killer psicopatica, elimina senza avere pietà chiunque la disturbi utilizzando come strumento privvilegiatoun fermacapelli metallico. Ci si chiede perché lo faccia, quasi fosse una lacuna nella logica dell’opera, ma la sua patologia è certamente un retaggio infantile, è la stessa bambina con lo sguardo di Satana che prendeva a calci il sedile del padre alla guida della scena iniziale, mentre guardava obliqua e incazzata il padre al volante. La crudeltà infantile all’opera. Questa è la mia interpretazione. Rimane incinta di una embrione metallico, a seguito di un amplesso dentro un’auto vuota con i suoi ingranaggi, la pancia si ingrossa e in queste sequenze si vedono piû che in altre l’addome che si ferisce, si apre, emette bave scure al posto del sangue.

Si apre poi un altro filone centrale dal punto di vista della sinossi. Ricercata, Alexia si nasconde dietro le sembianze di un ragazzo, Adrien, scomparso da dieci anni: il padre di quest’ultimo, un comandante dei pompiere, la accoglie in famiglia, contro lo scetticismo di sua moglie, e vi stabilisce un rapporto morboso (a senso unico), mentre cerca di non invecchiare e di mantenersi virile assumendo steroidi. Alexia sembra mantenere verso di lui un minimo di umanità, e anche quando lei si espone come donna alla squadra dei pompieri Vincent non rinuncia a lei. Il bambino/bambina che nascerà è un essere-macchina.
Oltre che nel gioco magnetico e ferroso delle metamorfosi del corpo, come i liquami scuri ed oliosi che produce, non crediamo che ci siano particolari messaggi, simboli o allegorie. Il corpo umano che non basta più? La civiltà ormai dominata dalle macchine e con un inevitabile edasperazione tecnologica del suo futuro? Non sapremmo dire né sarebbe gran che. Piuttosto, quasi tutto il buono della pellicola, e ce n’è, risiede in questa trama originale, nell’eccellente performance degli attori Agathe Rousselle e Vincent Lindon (il padre di Adrien-Alexia), in una direzione che ha tra i suoi modelli in prima linea il David Cronenberg specialmente, almeno per aspetti della trama, quello di Crash del 1996.

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.