15 Ottobre 2024
Movie

“Triangle of sadness” (R. Oestlund, SVE-FRA-GER 2022)

Nell’ultimo intervento abbiamo ricordato Charlbi Dean, la protagonista del film Triangle of Sadness, palma d’Oro 2022, prmaturamente scomparsa l’estate scorsa. Sul film ci soffermiamo oggi. La Dean è Yaya,una modella che entrerà nei tre capitoli nei quali è divisa la pellicola del regista Oestlund,già vincitore a Cannes nel 2017 con The Square. 

Capitolo I. Due giovani, Carl e Yaya sono un modello e la sua fidanzata: insicuro e scontento lui (triangle of sadness sarebbe il punto della fronte tra gli occhi, dove si trovano le rughe di espressione), di maggior successo lei, sono a tavola al ristorante, e dieci minuti di eccellente gioco psicologico riguardano ciò che accade al momento del conto, cosa pensa Carl e come si muove lui per far pagare lei, pure una modella che guadagna considerevolmente di più e ha molti followers sui social. Entrambi sono incerti sul senso della loro relazione. L’invito che ricevono a partecipare come ospiti a una crociera di lusso è l’espedienze del passaggio al capitolo successivo.

Capitolo II.  Una sorta di nave di folli, la Bermuda, dove ricchi e snob caratterizzati da vari generi di mestieri o mezzi di arricchimento (“vendo merda” dice a Carl un russo magnate che smercia fertilizzanti… mentre due milionari americani vecchi e un po’rincoglioniti hanno fatto soldi con una fabbrica di armi) si ritrovano dando vita a una commedia del grottesco con un folto intreccio di personaggi che impariamo a conoscere, svitati, stereotipati, pieni di fisime, e…. sempre da accontentare da parte del team organizzativo della crociera. In secondo piano rimangono Carl e Yaya in questa sezione del film. Dapprima tranquillo, sotto la guida del capitano Thomas e dallo staff guidato dall’arcigna rigorosa Paula, la crociera in un crescendo di guai e sventure inquietanti raggiunge l’acme del surreale nel corso di una tempesta che fa esplodere conflitti di ogni sorta, disturbi alimentari e di stomaco degni della grande bouffe (gli ospiti mangiano senza contegno nonostante la mareggiata)  e travolgenti guai ‘idraulici’ (cfr.foto). Mentre la nave rischia di affondare il capitano e l’imprenditore russo si ubriacano discutendo di socialismo, comunismo, capitalismo (sempre a svantaggio di quest’ultimo, ça va sans dire) nel peggiore dialogo del film.
Capitolo III. L’ultima parte presenta una situazione vagamente apocalittica: solo pochi a seguito della tempesta e di un attacco piratico (un po’ pretestuoso) sono sopravvissuti e si trovano, come una piccola comunità di survivors appunto, a dover tirare avanti in un’isola semideserta, in attesa di soccorsi. Questo capitolo presenta un sovvertimento dei ruoli sociali che sarebbe abbastanza banale se il regista ne fornisse una lettura moralistica, cosa che non fa. Casomai qualche somiglianza con i reality tipo Isola dei famosi dà un po’ noia. Comunque nell’isola non conta il denaro né la bellezza ma il saper fare, il sapersi arrangiare. Del piccolo gruppo di sopravvissuti fanno parte Carl e Yaya. Abigail, una cameriera, diventa “capitano” grazie alla sua abilità nel pescare e procacciare cibo: è lei che esige di essere considerata il “capitano”. La trama si complica in virtû di una relazione carnale tra Carl e Abigail. Yaya, gelosa e sospettosa, decide di esplorare l’isola. Non spoileriamo oltre.

Senza essere privo di debolezze (alcuni sequenze mal riuscite, dialoghi non sempre azzeccati, salti logici nella concatenazione dei fatti, piccoli sprazzi di surrealismo in eccesso), il film merita e come si suol dire si lascia vedere con gusto. È stato giudicato schematico e scontato oppure superficiale. Come ben osservato da un critico che mi ha chiesto di rimanere anonimo (Roberto M.): “non è un film su ricchi e poveri, sulla vacuità del mondo dei ricchi, sugli influencer ecc., e sul sovvertimento di quel rapporto ricchi-poveri. È un film sul desiderio di sopraffazione a tutti i livelli, in tutte le situazioni, anche quando i ruoli si invertono: quasi tutti i sopraffatti sono pronti a sopraffare, quasi tutti i perseguitati sono pronti a perseguitare. E, inoltre, in conclusione il personaggio che inizialmente passerebbe per più fatuo ed egoista (la modella influencer), e che così si compiace di atteggiarsi, è proprio quello più disposto a perdonare e a rinunciare, probabilmente perché per indole vive di insicurezze, sempre bisognoso di riconoscimento e di sincera approvazione”. Ben girato, ben fotografato, ben recitato.

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.