Un Frank Capra è per sempre
RAI Play in questi ultimi mesi ha avuto il pregio di ospitare sulla propria piattaforma online le sette meraviglie cinematografiche del regista italoamericano Frank Capra. Francesco Rosario Capra nacque a Bisacquino, vicino Palermo, in Sicilia, nel 1897. A cinque anni emigrò con la famiglia negli Stati Uniti, presso Los Angeles e rinnegò quasi l’Italia, sua nazione di origine: diceva di aver dimenticato tutti i suoi anni d’infanzia in Sicilia, nel momento in cui fece la traversata oceanica in nave. In questo senso è anche un fulgido esempio del self-made man. E infatti credeva nell’individuo: uomini e donne liberi e uguali.
Sto parlando dell’autore che (forse per primo) non soltanto ha raccontato l’America di Roosevelt, ma possiamo dire che, attraverso le sue pellicole, ha creato un’idea di America cui si è creduto, come una sorta di nuovo Vangelo, in maniera diffusa e profonda a partire dagli anni Trenta, fino almeno all’omicidio di JFK. Potremmo dire, in maniera semplicistica ma efficace, che egli costruì lo spirito americano attraverso il cinematografo.
Certo, il suo fu un cinema quasi pedagogico, educativo in maniera programmatica, e tuttavia un cinema che ha messo in fila tutti i generi e indicato, per ciascuno di questi, stilemi filmici, narrativi, strutturali, dialogici, ideali. Frank Capra è il primo di una genìa di registi che si sono cimentati in quasi tutto ciò che l’arte cinematografica ha potuto esprimere. Non tutti i grandi registi hanno colto un fiore in ogni genere cinematografico. Non l’hanno fatto dei grandissimi come Alfred Hitchcock e Orson Welles, per esempio. Mentre Frank Capra è il primo di un gruppo di “genre-trotter” di cui fanno parte Howard Hawks, Billy Wilder, Joseph Leo Mankiewicz, Stanley Kubrick, Steven Spielberg, Lawrence Kasdan, Joel & Ethan Coen. Potrebbe non essere un elenco esaustivo – certo sto semplificando – ma certamente questi registi fanno parte a pieno titolo di un tale elenco.
Ma veniamo alle pellicole presentate su RAI Play che indicherò in ordine cronologico. È del 1932 Proibito(Forbidden), del 1934 Accadde una notte (It Happened One Night), del 1936 È arrivata la felicità (Mr. Deeds Goes To Town), del 1937 Orizzonte Perduto (Lost Horizon), del 1938 L’eterna illusione (You Can’t Take It With you), del 1939 Mister Smith va a Washington (Mr. Smith Goes to Washington), del 1946 La vita è meravigliosa(It’s a Wonderflu Life).
Proibito è una storia semplice e torbida al tempo stesso, in cui una donna si immola a un amante, sposato, ricco e con grande carriera politica, al punto da abbandonare la propria figlia nelle mani della moglie di lui scomparendo come madre, rinunciare alla propria vita e financo all’eredità che gli spetterebbe una volta che lui muore. È una storia incomprensibile per la nostra sensibilità attuale e incompatibile con i principi delle nostre società odierne. Eppure il film, nella sua plastica ottusità affibbiata ai protagonisti (visto col senno di poi), riesce a parlarci di un’epoca in un modo talmente cristallino che esso vale una mole di saggi e di studi sul tema.
Accadde una notte è un “on the road movie” romantico e ironico, con un Clark Gable in stato di grazia, in cui la figlia viziata di un ricco imprenditore scappa di casa e si ritrova a fare il viaggio insieme a un ragazzone con ambizione da giornalista che ha sani principi e non sopporta prepotenti e giovani donne bizzose.
È arrivata la felicità è la storia di un ereditiero che da un minuscolo paese di provincia si ritrova nella metropoli alla prese con ruffiani, approfittatori, bugiardi, doppiogiochisti, vale a dire una giungla di gente ben vestita e abbiente che però ignora cosa sia la bontà d’animo e l’altruismo. Il film mette in evidenza la grande capacità di mimesi facciale e interpretativa di Gary Cooper. La pellicola è il calco da cui prendono spunto successivamente i fratelli Coen per la loro commedia Mister Hula Hoop (The Hudsucker Proxy).
Orizzonte perduto è forse il film più stravagante di Capra. Sia l’ambientazione sia la storia sono decisamente fuori dal “classico” discorso capriano, ma non per questo la pellicola è meno efficace, anzi. È decisamente una grande prova di ottima capacità scenografica del sistema degli studios, dato che nonostante oggi vediamo come tremendamente datati certi film, questo è comunque ancora credibile nelle scene in esterna tra le montagne del Tibet. Non sintetizzerò la storia. Dico soltanto che il film ricorda, nella sua atmosfera, l’episodio babilonese di Intolerance di Griffith, ma anche pellicole più recenti come Quintet di Altman.
L’eterna illusione è una saga statunitense in cui si riassumono tutti i caratteri urbani americani, tra cui il buono che ha rinunciato alla carriera per godersi le proprie passioni, diventando una specie di personalità comunitaria che comportandosi molto bene con tutti, ha come riconoscimento l’amicizia e la stima della gente del suo quartiere; il cattivo uomo d’affari mai sazio di denaro; un giovane e ricco naif che si innamora di una ragazza umile. Dal contrasto/incrocio di questi caratteri si sviluppa una storia-apologo che decreta la bontà e l’amicizia come unico collante umano che permette la salvezza, sia legale sia sociale.
Mister Smith va a Washington è il film tipicamente politico di Capra (anche se tutti i suoi lavori sono “politici”), in cui un giovane idealista, votato all’altruismo e al bene comune, si trova catapultato in Senato. I suoi “tutori” pensavano di poterlo manovrare perché ingenuo, e invece dovranno soccombergli, perché la fiducia nell’onestà e nella determinazione democratica sospinge il giovane senatore verso la vittoria contro il profitto e l’avidità.
La vita è meravigliosa è definito il capolavoro del regista siciliano, anche a suo dire. Inutile raccontare la trama ormai famosissima. È una pellicola che, vista l’ambientazione durante il periodo natalizio, ha acquisito tutte le caratteristiche del film di Natale. Ma è soprattutto un film sul concetto espresso da Terenzio nell’Heautontimorumenos, cioè che essendo un uomo, nulla di ciò che è umano gli è alieno. Quando il protagonista George Bailey esperisce quanto manchi agli altri egli stesso se non fosse mai nato, capisce l’importanza della propria vita e la comprende in relazione all’ambito sociale della comunità. Noi siamo gli altri e gli altri sono noi – in sostanza.
Avere l’opportunità di rivedere (o di vedere per la prima volta) tutti questi film in poco tempo è un regalo decisamente grande che la RAI ci dona. Buona visione!