27 Luglio 2024
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Justin Marozzi, L’uomo che inventò la storia. Sulle strade di Erodoto, Edizione Settecolori 2024, pag. 480. Traduzione di Claudio Gallo. Prima edizione numerata.

Justin Marozzi, giornalista, storico e scrittore di viaggi inglese, nel 2004  ha visitato la Turchia, l’Iraq, l’Egitto, la Grecia, sulle orme di Erodoto, “il primo storico del mondo, ma anche il primo corrispondente estero, giornalista investigativo, antropologo e scrittore di viaggi. Un po’ aspirante geografo, un moralista in erba, un abile drammaturgo, un instancabile esploratore e un narratore incallito […] di larghe vedute, spiritoso e generoso”. Erodoto celebra la bellezza della diversità umana, è il primo “multiculturalista del mondo” che afferma: “Ognuno, senza eccezioni, ritiene che i propri costumi e la religione in cui è stato allevato siano i migliori”, quindi mai si devono dileggiare un’altra religione e i costumi degli altri. Nonostante Plutarco l’abbia bollato come “il padre della menzogna […] contaballe, mitomane ed elegante ciarlatano” perché racconta storie inverosimili e fantasiose, lui è ritenuto “il padre della Storia”. Il fatto è che Erodoto viaggia, osserva, chiede, e con grande onestà  ammette: “sono obbligato a riportare ciò che mi viene detto, ma non sono certo tenuto a crederci”. Nato duemilacinquecento anni fa ad Alicarnasso, una città greca allora in territorio persiano – oggi Budrum – ha narrato le guerre persiane, in uno scontro tra civiltà, in una guerra totale che vide la vittoria finale dei greci e la nascita dell’Occidente, “senza la vittoria nelle guerre persiane l’Occidente non sarebbe nato, […] Maratona (490 a.C.) cambiò tutto, mise fine all’antico timore dell’invincibilità persiana”. Scrive Erodoto: “Fino a quel giorno, infatti, nessun greco poteva sentire la parola persiano senza esserne terrorizzato”.

Lui non ama la guerra, ma scrive le Storie “in modo che le gesta umane non siano dimenticate nel tempo, e grande e meravigliose imprese – alcune compiute dai Greci, altre dai Barbari – non restino senza gloria; e specialmente per mostrare perché i due popoli si fecero a guerra”. Ma fa dire a Creso, soggiogato nel 546 a.C. da Ciro: “Nessuno è così stolto da scegliere la guerra invece della pace: in pace i figli seppelliscono i padri, ma in guerra i padri seppelliscono i figli”. Erodoto si illude, scrivendo gli errori del passato, che se ne possano evitare altri simili, ma purtroppo niente si impara dalla storia, che non si ripete mai uguale a se stessa, e neppure i saggi consiglieri sono serviti allora e ora a evitare grandi scontri. Come Napoleone non ascoltò Talleyrand che lo sconsigliava di puntare su Mosca, così Bush ha ignorato i consigli di chi lo dissuadeva ad andare in Iraq, perché “voleva fare l’Iraq e il Medio Oriente a sua somiglianza […] Era come se Bush e l’America potessero semplicemente sollevarsi al di sopra delle dinamiche della storia e imporsi ad essa come unico padrone”.  Quello che coinvolge il lettore è il parallelismo continuo che Marozzi fa tra il passato e il presente, mentre ci porta a Budrum, ora città turistica, in cerca dei segni di Erodoto; ci fa rivivere le tappe delle guerre persiane, cammina tra le rovine di Babilonia “stuprata” dagli invasori che hanno scavato parcheggi nell’area sacra, profanatori che hanno “derubato l’umanità della sua storia comune”; ci porta tra le meraviglie dell’Egitto, o a Samo dove Erodoto fu esiliato dal tiranno Lygdami. Marozzi viaggia, osserva, chiede, cerca, prende appunti, immaginando Erodoto a fare lo stesso quando si rivolgeva alle guide del suo tempo. Ma aveva anche lui un taccuino – si chiede – come l’inseparabile sua Moleskine, o registrava a memoria prodigiose quantità di materiale?

Erodoto non ha solo riportato i fatti storici, ma ha arricchito le Storie di digressioni di ogni tipo, sui costumi, il cibo, la religione, l’ambiente, le coltivazioni, l’economia, il clima, e tanto altro ancora, non tralasciando il sesso, incuriosito dalle pratiche sessuali di altri popoli, come dovevano esserlo i suoi ascoltatori: siccome le Storie erano destinate alla lettura ad alta voce, lui sapeva bene come acchiappare l’attenzione!

L’uomo che inventò la storia è un saggio che ci fa viaggiare, sorprende, incuriosisce, narra come se fosse un romanzo, immagina e ricostruisce il passato, apre su scorci ambientali, riporta fatti straordinari, dialoga con le persone, rende vivo Erodoto come se duemilacinquecento anni non fossero passati. Reclama il bisogno di conoscere la Storia, ma quella insegnata bene, altrimenti essa diventa “uno dei campi in cui si producono danni futuri”. Soprattutto non bisogna educare alla guerra né al vittimismo, e uscire da una visione unilaterale degli eventi: “Noi siamo i buoni e siamo innocenti, tutti gli altri sono dei bastardi colpevoli. Questo è immensamente dannoso e dobbiamo fare qualcosa” perché non avvenga.

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.