26 Aprile 2024
Words

Giovani italiani scappano

Il nostro è un Paese noioso, ipocrita e scarsamente affidabile. Non ci si riferisce qui alla sola classe politica, ma al Paese nel suo complesso, categorie sociali e cittadini compresi. Quindi, perché un giovane con una formazione adeguata o sufficientemente scolarizzato ma con sguardo libero verso il futuro dovrebbe dare ancora fiducia all’Italia? E infatti, molti se ne stanno andando all’estero.

Dopo il rapporto della Fondazione Migrantes l’Ansa ha redatto una sintesi circostanziata di quanto sia in crescita il numero di italiani che scelgono di vivere all’estero. Sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015. Rispetto all’anno precedente a iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la méta preferita è stata la Germania (16.568), mentre Lombardia (20.088) e Veneto (10.374) sono le principali regioni di emigrazione. Lo rileva proprio Migrantes nel rapporto “Italiani nel mondo 2016”. “I giovani devono poter tornare“, è il monito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma tornare dove? Tornare per fare cosa?

Nel 2015 le iscrizioni all’Aire sono state in tutto 189.699. Più della metà, 107.529, per espatrio. Il 69,2% di coloro che hanno fatto le valige (quasi 75 mila persone) si è trasferito in Europa.

In calo le partenze per l’America meridionale (-14,9% in un anno), mentre rimangono stabili quelle per l’America centro-settentrionale; 352 connazionali hanno scelto le altre aree continentali. I maschi espatriati sono oltre 60 mila (56,1%), i celibi e le nubili il 60,2%. La fascia 18-34 anni, quella dei Millennianls, è la più rappresentativa (36,7%).

I giovani hanno una mobilità “in itinere”, che – osserva il rapporto – “può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su continue e sempre nuove opportunità incontrate”. Seguono i 35-49enni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di età hanno registrato un aumento delle partenze rispetto al 2014 tranne gli over 65 anni (da 7.205 a 6.572). “Pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi – si legge nel rapporto – si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese”.

La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto per partenze, seguita dal Veneto (10.374) che fa scendere la Sicilia (9.823) alla terza posizione (era seconda nel 2014). Al quarto posto il Lazio (8.436) e ancora Piemonte (8.199) ed Emilia Romagna (7.644). Nel 2015 la Germania (16.568) è la meta preferita dagli italiani andati oltreconfine, a seguire, con una minima differenza, il Regno Unito (16.503) e poi, più distaccate, la Svizzera (11.441) e la Francia (10.728).

“Oggi il fenomeno degli italiani migranti – scrive il presidente Mattarella – ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto al passato. Riguarda fasce d’età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze. La mobilità dei giovani italiani verso altri Paesi dell’Europa e del mondo è una grande opportunità, che dobbiamo favorire, e anzi rendere sempre più proficua. Che le porte siano aperte è condizione di sviluppo, di cooperazione, di pace, di giustizia. Dobbiamo fare in modo che ci sia equilibrio e circolarità. I nostri giovani devono poter andare liberamente all’estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate”.

Belle parole che purtroppo non hanno sostanza. Sono i fatti a dare il segno di un Paese che crede nei giovani e l’Italia, da trent’anni a questa parte, non crede nei giovani. Li usa sì, li corteggia come consumatori di merci appositamente costruite per loro, ma non li responsabilizza, non li tutela. La prevalenza delle politiche attuate dai governi nazionali degli ultimi trent’anni hanno sempre favorito gli anziani e sottratto possibilità di futuro ai più giovani. L’Italia è un Paese per vecchi. E i giovani fanno bene a scappare.