23 Aprile 2024
Movie

Adieu, Jeanne

Con Jeanne Moreau se ne è andato, senza andarsene, un pezzo di storia del cinema, francese innanzitutto. Chi non la ricorda: sguardo penetrante, voce rauca da sigarette perennemente accese… A Parigi nacque nel 1928, da un ristoratore e da una danzatrice (di origini irlandesi). E a Parigi è morta, in un appartamento della rue du Faubourg Saint-Honoré. Entrò ragazza in conservatorio, poi si dedicò al teatro dove raggiunse un rapido successo. Di una bellezza non canonica, labbra e volto sensuali, fisicità in tono minore, fu capace di trasmettere con intensità intelligenza, fascino, come anche inquietudine e anche tratti oscuri, nature torbide al femminile. Ha incarnato nelle sue innumerevoli interpretazioni ruoli diversi – fu attrice versatile, sia pure nell’ambito di forme recitative drammatiche-noir-mélo – a partire dal film che l’ha lanciata (dopo una parte minore nel beckeriano Grisbi del 1954), all’avvio della Nouvelle Vague, ossia Ascensore per il patibolo di Louis Malle, che ne fu anche il compagno. Era il 1957. Poco dopo incontrerà, e sarà un incontro fondamentale per gli sviluppi professionali di entrambi, François Truffaut. Registi, francesi e non, tra i massimi del secondo dopoguerra l’hanno diretta e i loro nomi risulteranno dall’elenco dei suoi film più importanti e suggestivi, almeno per chi scrive. Dopo il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia  e il Premio César onorario nel 1995, la Moreau più che settantenne continuerà a lavorare e fino agli ultimi anni reciterà (ancora nel 2013), parteciperà a festival, si occuperà di cinema, con doti di appassionata e anche di critica.

Ecco un elenco con i titoli di un numero assai limitato, rispetto al possibile, di magistrali interpretazioni della Moreau in film altrettanto pregevoli:

Ascensore per il patibolo, di L. Malle (1958); La notte, di M. Antonioni (1961); Jules et Jim, di F. Truffaut (1962); Eva di J. Losey (1962); Il processo, di O. Welles (1962); Fuoco fatuo, di L. Malle (1963);  Diario di una cameriera, di L. Bunuel (1964); La sposa in nero, di F. Truffaut (1968); Gli ultimi fuochi, di E. Kazan (1976); Querelle de Brest, di R. W. Fassbinder (1982); Fino alla fine del mondo, di W. Wenders (1991); Il tempo che resta, di F. Ozon (2006); Gebo e l’ombra, di M. de Oliveira (2012)

 

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.