25 Aprile 2024
Culture Club

Il nome del padre

Dedicato a Maurizio Ferraris

Il 27 dicembre del 1998 Eugenio Scalfari ha pubblicato un articolo su «Repubblica» che portava come titolo «Il padre che manca alla nostra società». Lo psicoanalista e filosofo milanese Massimo Recalcati in questo suo Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre (Feltrinelli, Milano, 2013) ha ripreso l’intuizione di Scalfari e l’ha estesa. Si tratta, in definitiva, di accostarsi al «disagio della giovinezza» provando a rendere conto della «relazione tra genitori e figli» e di provare a fare questo attraverso un dispositivo teorico denominato il «Complesso di Telemaco». «L’autorità simbolica del padre ha perso peso, si è eclissata, è irreversibilmente tramontata» scrive Recalcati. I padri hanno delle difficoltà oggi: non sostengono più la loro funzione educativa. La tesi che sottende questo volume è la seguente: «Questa eclissi non indica una crisi provvisoria della funzione paterna destinata a lasciare il posto a un suo eventuale recupero». Il problema che sta alla base di tutto questo discorso non è affatto quello di «restaurare» la perduta «potenza simbolica» del padre ma piuttosto di interrogare «ciò che resta» del padre nel tempo (levigato, globale, ipermoderno, nuovo realista, morbido e liquido) della sua dissoluzione. In questo contesto decontestualizzato: spazi globali in un mare di locali (pub, ristoranti, disco club ecc.) decontestualizzati dal glocale in un «in-out» che mantiene e smentisce matrimoni, promesse, crediti, debiti, professori precari come chi scrive e anche l’amore fatto alla boia di un cane: in questo contesto appare a Recalcati un «punto-luce». E quindi gli appare – a causa di questo «punto-luce» la nuova figura psicologica del «Complesso di Telemaco». Del resto, tanto per capirci: Matteo Renzi soffre di questa sindrome a causa di Massimo D’Alema e Giuseppe Falcomatà proprio ed esclusivamente a causa del padre (come Alessandro Gassman …). Edipo viveva il proprio padre come un rivale. Edipo (a causa del padre) uccide il padre e possiede sessualmente la madre. L’ombra della colpa cade su di lui! Edipo allora arriva al gesto estremo: si cava gli occhi! Telemaco (come Eugenio Bennato) guarda il mare. «Che il Mediterraneo sia/ quella nave che va da sola/ tutta musica e tutta vela/ su quell’onda dove si vola/ tra la scienza e la leggenda/ del flamenco e della taranta». Telemaco aspetta che la nave di suo padre ritorni. La sua isola (Filicudi?) era dominata dai Proci. Gente cattiva come Aldo Busi … Persone così così che nelle foto vengono sempre così così. La differenza tra Edipo e Telemaco è che il primo cerca il rivale mentre il secondo lo aspetta come una speranza. Telemaco è un personaggio tragico: egli invoca la Legge: chiede Giustizia per Itaca: invoca la legge del mare. E chiede Giustizia (attraverso la Legge) per Emanuela Orlandi! Giustizia per Emanuela! Ma che cosa arriva e che cosa viene dal mare? La domanda che tutti noi rivolgiamo sempre al padre contiene sempre un elemento di disillusione: sto aspettando qualcuno che non arriverà mai. Il padre è un assenza. Dal mare tornano a noi padri fragili, padri senza responsabilità; padri crudeli, friabili e insicuri. Insicuri e malcerti come questo nostro tempo così contraddittorio: denso di percoli ma anche di attese. Tempo frattale e sconnesso ma anche on line : attraverso «facebook» twittando twittando … I nostri giorni sono quelli della fine del padre ma anche dell’arrivo di Telemaco: questi nostri bravi e scemi «Millennials» guardano il mare e aspettano il nostos: il ritorno del padre. La speranza, l’attesa e la gioia di un abbraccio. Il padre che torna è il padre di tutti noi: è il padre che tutti noi abbiamo sempre sognato. Lars von Trier: Le onde del mare sono le «Onde del destino». Cosa cercano questi giovani nel padre? Non l’autorità. Come i Sessantottini. Non l’autorevolezza, come chi scrive e tutta quanta la «Generazione X» cui chi scrive appartiene. Essi invece cercano la «testimonianza». C’è la necessità – in questa «Globalizzazione alla Maurizio Ferraris» di padri-testimoni. Ma testimoni di cosa? La mia generazione (quelli nati negli anni a ridosso del 1970: i figli dei figli del boom economico: i grandchild-boomer; i figli dei baby-boomers) ha prodotto – contro tutte le aspettative – un premio Oscar (Paolo Sorrentino), Sandra Savagno – ricercatrice cosentina che ha avuto la copertina su «Time», un candidato al premio Nobel (Roberto Saviano) e il più giovane Presidente del Consiglio della storia repubblicana italiana (Matteo Renzi). È vero che non avevamo autorevolezza (infatti per questo ci chiamavano «Generazione X»: ma avevamo padri e avevamo anche conti da saldare con quelli che avevano fatto il Sessantotto e che avevano detto: «Volevamo cambiare il mondo e invece il mondo ci ha cambiati»). Il «Grande freddo» è il nostro film.

La ricerca dei padri, per questi strani ma anche geniali «Millennials» non è più, come avrebbe amato dire Lars von Trier, un «dogma» ma quella di una passione capace di testimoniare. E di testimoniare cosa? Desiderio e responsabilità. Amore e Potere. Che poi è la favola intellettuale e politica di Alberto Moravia. Non essere indifferenti di fronte al disagio di ognuno ma essere solamente «L’uomo che guarda» il suo destino politico. Noi come «Generazione X» abbiamo portato come eredità a questi «Millennials» il nostro desiderio moraviano di Amore e Potere: loro, invece, desiderano e sperano e cercano il loro destino politico e cercano testimonianze. Non padri ma documenti di padri! Come diceva Ivano Fossati: sono tutte «Carte da decifrare». Testimoniare che la vita ha per tutti un senso, anche per l’ultimo uomo di questa Terra, per l’ultimo comunista del mondo, per l’ultima testimonianza di un’esistenza perduta e ridotta al limite delle sue possibilità. Per Schettino!

Perché Recalcati ha scelto proprio Telemaco? «Perché Telemaco è la forma più alta e giusta dell’Anti-Edipo: egli non è né vittima del padre, né si schiera ottusamente contro il padre. Telemaco è il giusto erede, è il figlio giusto».

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.