26 Aprile 2024
Words

Tre civette sul comò…

“Se io do una cosa a te, tu poi dai una cosa a me”, cantava un vecchio Carosello. Ma forse la citazione è impropria? Sì, perché questi nuovi politicanti sono campioni del rinnovamento, del cambiamento, del nuovo corso, addirittura Di Maio l’ha chiamata “terza Repubblica”… Ma siccome “c’è di mejo de Di Maio” (per autocitarmi), vorrei sostenere la tesi che con i gialloverdi si è veramente cominciato a scavare il fondo.

Stiamo ai fatti. Si è votato il 4 marzo scorso. Tra poco sono passati quasi 100 giorni dalle elezioni e invece di silenziare twitter e facebook e mettersi a lavorare (come hanno fatto i tedeschi per quasi 7 mesi, ma arrivando infine al risultato), Di Maio e Salvini hanno continuato a fare campagna elettorale in maniera tonitruante. Poi hanno fatto qualche riunione per stilare un accordo, lo hanno chiamato contratto di governo che in realtà era soltanto una specie di sintesi dei loro programmi elettorali, quindi un terzo programma elettorale senza coperture economiche, cioè in barba all’articolo 81 della Costituzione che prevede la copertura economica delle proposte di governo.
Salvini lasciava chiacchierare Di Maio, mentre giocava a sfasciare di notte quello che le due compagini al tavolo costruivano di giorno.
E allora: tranquillo Mattarella i nomi non sono un problema, ne discuteremo; tranquilli italiani il premier è il contratto, non è importante il nome; discuteremo dei nomi abbiamo un ampia lista di persone capaci… Ecco! Invece Salvini ha chiuso ogni velleità pentastellata sul nome di Savona.

Il Capo dello Stato ha fatto l’unica cosa che poteva fare per salvaguardare le istituzioni. Poi l’ipotesi di un governo tecnico che portasse tutti a elezioni ravvicinate, con Di Maio e Salvini che urlavano: alle urne, alle urne. Addirittura Di Maio voleva la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.

Oggi stanno di nuova facendo la conta: Ambarabàciccicoccò, tre civette sul comò…
L’altro ieri volevano a tutti i costi il loro governo che ci avrebbe condotti verso la nuova Repubblica dei cittadini, del popolo, con grandi elogi a Mattarella; ieri volevano la testa di Mattarella e le elezioni ad agosto; oggi vogliono un altro loro nuovo governo, con gli stessi nomi, ma scambiati di poltrona. Questo è il regime giallo-verde! Un colore che ricorda il Brasile, la samba, il gioco di gambe divertente, ma con una difesa e dei fondamentali da fare schifo.

In tempi normali certa gente avrebbe aperto la saracinesca della sezione del partito a Busto Arsizio, di mattina, per mettere a posto i tavoli della sagra, oppure avrebbe guidato l’auto della federazione di Caserta per accompagnare il segretario regionale a una riunione. Oggi governano il Paese.
Il cinico Salvini (bravo a parlare: ha preso un partito del nord al 4%, ha fatto fuori tutti i suoi competitori, ne ha creato un partito nazionale che oggi è valutato oltril 2o%) che ha infinocchiato ben bene Di Maio, ha la classe dirigente per guidare una bocciofila. Sembra che l’impuntatura sul nome di Savona derivasse dal fatto che il suo fido collaboratore Giorgetti non se la sentisse di ricoprire il ruolo di Ministro del Tesoro, perché impaurito dal tenere rapporti con Bruxelles.
Il vanitoso Di Maio, una caricatura d’uomo, con un sorriso da reality stampato in faccia. Egli sa bene che se non mette in piedi un governo, qualsiasi esso sia, dovrà andare a perdere qualche punto percentuale alle prossime elezioni, in cui i 5S sono dati in calo, e soprattutto perderebbe il posto di “leader” per via della regola di “non più di due mandati), sempre che i 5S siano di parola, visto che finora se la sono rimangiata su quasi tutto.

Ora siamo a commentare un altro cambio d’umore, un nuovo tentativo non di fare un governo, ma di provare a diventare adulti (cioè classe dirigente del Paese), purtroppo tutto sulle spalle dell’Italia, una nazione incarognita con gente a spasso per i social ignorante e stupida che apre bocca senza leggere più di due righe di un titolo di un articolo o di una legge, analfabeti disfunzionali che non capiscono cosa leggono. Su questo “materiale fragile” giocano le vanità illusorie, ingenue e arroganti di Di Maio, e la sapiente ascesa al potere di Salvini, sempre più nuovo “Adolfo de noantri”.

Questi non sono politici e non sono neppure politicanti. In un caso, se fossimo un Paese normale, sarebbero messi sotto cura per bipolarismo psichico; nell’altro caso, se fossimo un Paese con le palle, sarebbero tenuti a bada, sotto al 10%.

Purtroppo o per fortuna non esiste il popolo, perché ognuno è per sé. Purtroppo o per fortuna uno non vale uno. Purtroppo l’Italia non è né un Paese normale, né un Paese con le palle. Siamo soltanto bravi a lamentarci. E quando la falsa vittima si rivolta non è una ribellione seria e vitale quella che ne viene fuori, ma una livida battaglia di tutti contro tutti. Potessi andrei a vivere davvero in Europa, in qualche altro Stato più serio dell’Unione che ancora non c’è lo farei domattina.