15 Ottobre 2024
Words

Soldi addio

I viceministri chiacchierano, lo spread sale e i capitali scappano. Nel bimestre maggio-giugno 2018 sono già usciti dall’Italia 78 miliardi. Tra i quali 25 miliardi di titoli di Stato e 7 miliardi di obbligazioni bancarie. Gli altri erano liquidità. Gli investitori usciti dal mercato finanziario italiano si vogliono tutelare soprattutto dal rischio di ridenominazione, ovvero dal pericolo che l’Italia esca dall’Euro. Per questo sarebbe buona cosa che i bulli della maggioranza stessero zitti. Anche se volessero uscire dalla moneta unica servirebbero comunque tre cose: il silenzio, il silenzio e il silenzio.

L’uscita dall’Euro, casomai, si fa con due carabinieri motociclisti che di notte corrono verso il Poligrafico dello Stato, con una lettera piena di ceralacche. Nessuno teorizza, in effetti, l’abbandono immediato e osceno della moneta comune, nemmeno nel governo giallo-verde, dove magari fanno tre dichiarazioni al giorno sul tema, ma poi nessuno vuole uscire davvero. Infatti, in quale area monetaria andrebbero? Quella del dollaro? Non li vuole nessuno. Il Rublo? Da ridere. Una moneta sovrana e basta? Sarebbe l’altalena della speculazione. Il famoso “Piano B” di Paolo Savona è però solo uno scenario immaginario, come se ne dovrebbero fare ovunque si studi davvero l’economia. Savona va lasciato stare, anche se si trova nel posto sbagliato. Messo lì in odio a Draghi, il quale peraltro ci ha informato che l’uscita dall’Euro ci costerebbe 358,6 miliardi di monete uniche.

 

Colpisce però la velocità con cui i capitali sono usciti: negli anni 2011 e 2012 i miliardi di moneta europea usciti da tutto l’Eurosistema furono ben 160. Mentre sono bastati due soli mesi, a primavera 2018, per superare la metà di tutti i flussi negativi di tutto il biennio 2011-2012. Il debito bancario in uscita degli investitori esteri è inoltre diminuito di 6,7 miliardi a maggio e 4 miliardi a giugno. Sono scesi inoltre gli investimenti esteri in equity bancaria (-2,5 in maggio e -2,9 a giugno) e anche gli investimenti esteri diretti, ovvero quelli che le imprese estere fanno direttamente in aziende italiane, è diminuito di 4,3 miliardi nel solo mese di giugno. Le operazioni di investimento su equity bancarie sono investimenti in azioni di una impresa-obiettivo.

Quindi era dal 2011 che non si vedeva una situazione di fuga dei capitali del genere. Mentre la perdita di investimenti dall’estero (33 miliardi) del dicembre 2016, successiva alla sconfitta renziana al referendum istituzionale, è stato il chiarissimo segnale di quanto gli investitori esteri non capiscano di politica italiana. Infatti il bullo di Rignano era giovane, aggressivo, moderno (nel loro senso) usava bene i media, insomma, ci sapeva fare. Sempre secondo loro.

Del resto, soprattutto negli Usa, vi è una beatissima ignoranza di tutto quanto succede fuori dagli States, letti come il centro del mondo. Chi abbia avuto rapporti istituzionali con dirigenti Usa, ormai non si meraviglia di come una nazione così potente viva in uno stato non di piena ignoranza, ma di un obbligatorio e totale adattamento, in ogni angolo del globo al political discourse statunitense: dal sistema elettorale (due partiti e non di più) al valore taumaturgico del liberalism, quando si sa che sono usciti dalla crisi del ’29, solo con le spese belliche e la politica “socialista” di F.D. Roosevelt. Quindi, gli investitori sono, in linea di massima, dei poveri fessi anglofoni che leggono solo il Wall Street Journal, che li ha peraltro terrorizzati contro l’Italia attuale, ma leggono soprattutto il supplemento per il week-end, che si intitola, non casualmente, How to Spend It.

Invece di sedurre gli Usa e i loro Investor’s Club, strapieni di ottimo cibo come quello dell’UBS in Pelikanstrasse a Zurigo, gli italiani oggi al governo terrorizzano sistematicamente gli investitori esteri con dichiarazioni minatorie sull’Euro.

Purtroppo noi italiani non abbiamo neppure una vera e nota società di rating autonoma (come invece si sono fatti i cinesi con la Dagong) che possa “limare le unghie” a Standard & Poor, di proprietà della Mc Graw-Hill, o Fitch, una società francese (ma guarda caso!) di proprietà del “veicolo” finanziario Fimalac, un complicato insieme di varie società francesi, britanniche, statunitensi. Le nostre due società di rating italiane, la Cerved e la Crif, sono buone ma operano soprattutto per i clienti nazionali.

Insomma, il totale dei capitali in fuga, dall’inizio del governo giallo-verde a oggi, è di 451 miliardi, tra vendite di titoli di Stato, mancati investimenti, ritiri di liquidità e tutto il resto. Uno dei veri motivi della fuga è il Target2, un nuovo sistema di pagamenti sommamente cretino, che è un sistema di pagamenti di proprietà della BCE ed è gestito proprio dalla Banca Centrale Europea. È un sistema interbancario che tratta pagamenti in tempo reale. Come funziona? Semplice. Se io compro una casa in Germania, incarico la mia banca di saldare, ma la mia banca, come tutte, non solo toglie l’ammontare della transazione dal mio conto, ma anche dal proprio deposito presso la Banca d’Italia. E perché mi chiedo io, visto che si tratta della stessa unità monetaria e non c’è rischio di cambio?

Cretina è la regola, perché si tratta sempre di pagamenti euro su euro, ma è così. Il deposito della banca tedesca aumenta quindi del valore della transazione sul suo conto Bundesbank, e il Target2 registra questi movimenti come un saldo negativo da parte italiana e come uno positivo da parte tedesca. Chi è favorita da questa normativa? La Germania, naturalmente. Nel 2011, l’anno della prima grande fuga di capitali, i tedeschi presentavano un surplus di 307,607 milioni, oggi Berlino ha un surplus di 895,298. Ecco che si trovano i soldi anche per pagare i giornalisti “disfattisti”. E, in una fase d’incertezza, gli investitori italiani, ben manipolati dalla improntitudine governativa e dalla propaganda di altri, trasferiscono i loro fondi sulle banche estere.

Ecco la doppia spirale dell’attuale governo italiano: fuga interna e disinvestimento estero. Riuscirà il governo a uscirne vivo? Riusciremo noi italiani a uscirne interi?