27 Luglio 2024
Culture Club

Essere un procione

Che cosa vuol dire essere un pipistrello? O un procione? Che cosa si prova a essere un dromedario? Tutta una serie di domande alle quali non abbiamo una risposta univoca. Sappiamo cosa si prova a essere un essere umano? Beh: sappiamo che esiste una cosa chiamata coscienza. E quindi, a seconda degli stati d’animo, sappiamo cosa si prova a provare amore, odio, disinteresse eccetera. Ma sappiamo che gli esseri umani posseggono la ragione. Sono animali razionali – secondo la nota definizione dell’antropologia.

Ma cosa si prova a essere una pianta? Cosa si prova a essere un crisantemo? Le piante e gli animali non hanno la ragione. Noi quando ragioniamo: calcoliamo. Addizioni e sottrazioni, profitti e perdite, vantaggi e svantaggi – come già sapeva Leibniz. Un rododendro è capace di calcolare i profitti e le perdite se si estenderà nello spazio oltre un certo limite? Un cane saprà rendersi conto, sommando e sottraendo, che se mangerà quel bastonicino starà male perché ha già mangiato abbastanza nella giornata?

Facciamo qualche conto. Cosa si prova a essere un animale? Sensazioni animalesche! Ma si prova qualcosa? Certamente non sappiamo se i cani hanno una qualche forma di coscienza. Gli animali più che altro obbediscono all’istinto. Se sono sull’orlo del precipizio il loro istinto di conservazione gli dice di non andare oltre. Se vedono un cibo che possono consumare lo addentano. Dunque la nostra domanda di partenza pare priva di senso. Eppure un filosofo, Thomas Nagel, si è posto veramente questa domanda.

Ma a cosa ci serve rispondere a questa domanda? A capire molto meglio la dimensione dell’umano. Infatti se sappiamo le sensazioni che provano gli animali per sottrazione capiamo meglio quella che è la radice dell’umano. Hanna Arendt diceva che umanità è quella cosa che resta quando tutto il resto è stato scarnificato. Quando tutte le altre dimensioni hanno lasciato il posto alla sola che garantisce l’umanità dell’umano. Ma questa ultima dimensione in che cosa consiste? Nella sottrazione tra cosa si prova a essere un pipistrello (o un rododendro) e cosa si prova a essere un essere umano.

E cosa si prova a essere un computer? O un telefono cellulare? O un libro? Evidentemente per provare qualcosa ci vuole quella dimensione chiamata vita. Dunque la vita è la stessa in un animale, in una pianta e nell’essere umano. Quello che ci differenzia dalle specie animali (pipistrelli compresi) è che l’uomo è l’unico animale che sa di essere mortale – come ha affermato Remo Bodei. Noi sappiamo che dobbiamo morire: il pipistrello no. Dunque c’è qualcosa di epistemologico. Qualcosa che noi sappiamo. È il sapere che ci differenzia da un pipistrello. L’uomo sa qualcosa; il pipistrello ha solo l’istinto ma non sa di essere mortale. Il pipistrello non sa: non apprende, non è educato; non ha nessuna cultura. La cultura (e la classe degli intellettuali) ci differenzia dai pipistrelli, dai rododendri e dalle allodole.

Noi esseri umani sappiamo qualcosa: che cosa sappiamo? Sappiamo che due più due fa quattro. E questo ci basta. Poi iniziamo a ragionare e calcoliamo: calcoliamo due più tre oppure che se ho due calzini e due paia di boxer ho quattro indumenti intimi. Noi sappiamo in realtà un sacco di cose. La differenza con gli animali non è ontologica: a livello dell’essere anche un pipistrello è. La differenza è fenomenologica ed epistemologica: conta solamente quello che sappiamo, che conosciamo, che apprendiamo. È chiaro che la cultura ci differenzia dalla natura. Ma quale è il rapporto tra la natura e la vita? E quale è il rapporto tra la vita e la cultura? E come mai non esiste una sfera di intellettuali di professione tra i procioni?

In conclusione si può dire una cosa – una piccola cosa. Quello che so è quello che resta quando tutto il resto è stato scarnificato: la mia vita, i miei sentimenti, il partito politico per il quale voto. E quello che so è che so di essere mortale prima di tutto. Io ho coscienza della mia fine e del mio fine su questa Terra. La coscienza della mia vita e della mia umanità è il prezzo che devo pagare per essere un essere umano.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.