27 Luglio 2024
Movie

“Parasite” (Gisaengchung, 기생충 , di Bong Joon-ho, Corea del Sud, 2019)

La famiglia Kim – un padre nullafacente (Kim Ki-taek, interpretato da Song Kang-ho, attore-feticcio di Bong Joon-ho),  una madre casalinga, una donnona ex-martellista, e due figli quasi ventenni, maschio e femmina – vive in un lercio scantinato, che si riempie di letame quando piove torrenzialmente, un seminterrato con una finestra su un angolo della strada, dove c’è chi va a fare i propri bisogni. Campano di espedienti a cottimo, come piegare in serie i cartoni della pizza per prepararne l’inscatolamento. L’importante è per loro che gli smartphone prendano la linea e per averla sono disposti a montare su tavoli tra acrobazie improbabili. Oltre che la tecnologia, le menzogne sono un po’ il pane, di cui si nutrono con nonchalance. La loro esistenza cambia in modo definitivo quando il ragazzo Ki-woo (Choi Woo-shik) va a fare proprio grazie a circostanze singolari l’insegnante privato presso gli alto-borghesi coniugi Park, che abitano in una magnifica e modernissima casa a più piani dove è accolto dalla timida e gentile signora Park. Si sviluppa da questo momento una escalation che porterà uno dopo l’altro i Kim a entrare nella casa approfittando di situazioni speciali e creandone altre, con l’obiettivo principale di scalzare tutti i collaboratori: la sorella diventa istruttrice, il padre autista, la madre domestica. Ma dalla tata e governante da sempre della casa, trovatasi licenziata e sola, nascerà la tragedia.

Film che descrive le differenze sociali e la questione del benessere, che ricorda come assetto tematico altri casi di impossessamento dei beni altrui (da Il servo di Losey a Ferro 3 di Kim Ki-duk), può essere visto meglio se in lingua originale (si crea una sorta di blaterato sottofondo acustico tutt’altro che disturbante), e, come ci suggerisce qualcuno, con occhi da entomologo. Così si entra nel corpo del film, e in una sorta di cantina-bunker della magione dove i vari disperati di turno si rifugiano e le rabbie maturano, e si coglie come questo gruppo di animali umani, di insetti che colonizzano la casa, agisca senza leggi, solo per i propri interessi che sono quelli di sopravvivere. I poveri qui sono tra loro molto legati da affetti anche positivi in astratto, ma la loro spregiudicatezza, la mancanza di rispetto verso l’esterno rende queste persone-parassiti (se sono loro) un pericolo sociale e induce a simpatizzare con la semplicità serena e anche ingenua dei ricchi. Non ci sono riferimenti politici, se si eccettua una sarcastica imitazione delle annunciatrici-macchinetta della TV adulatrice di stato di Kim Jon-un. Il paradosso e la farsa sono una delle cifre che spesso affiorano sino a riuscire a far sorridere.

Ben girato da Bong Joon-ho [https://movieplayer.it/articoli/bong-joon-ho-migliori-film_21759/], sufficientemente ritmato e teso da non far sentire allo spettatore la durata di oltre due ore, Parasite non lascia entusiasti perché non tocca corde profonde ma merita certamente di essere considerato un bel film. Palma d’Oro a Cannes 2019. Per altre recensioni: https://www.mymovies.it/film/2019/parasite/

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.