27 Luglio 2024
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Nevermind

Quando avevo diciassette anni, tornare indietro di trenta nella storia del rock significava arrivare direttamente a Bill Haley e Rock Around The Clock. Ora invece la misura è Nevermind: ma c’è stato, parafrasando Borges e Benigni, un tempo con e un tempo senza questo seminale album?

Il 10 settembre Smells Like Teen Spirit incominciava la sua esistenza come singolo. Sui Nirvana mantenevo una posizione intermedia, di chi aveva apprezzato Bleach ma nemmeno troppo. Difatti, pur abitando a Bologna, non è che mi andasse molto di coprire la distanza che separava piazza Trento e Trieste da Baricella (circa ventisette chilometri). Ho questo ricordo poi che ci fosse De Gregori in città. Io non avevo biglietti né per l’uno né per l’altro, e i Nirvana si dicevano esauriti da tempo. Non so perché ma presi la Vespa, inguattato dentro il parabrezza e diretto a nord.
Nella “vasca” sulla pancia di sinistra avevo messo dei vestiti di ricambio e una vecchia copia del Manifesto, ché non si sa mai.
I ricordi poi smagriscono, tranne uno distinto: l’essere trascinato dentro da una frotta di “punk” che sfondarono le porte. Era come la corrente di uno tsunami. Per il resto vidi gente volare e un concerto di rozza, grande energia. Sudato fradicio, usai i vestiti di ricambio e il giornale sul petto come un navigato ciclista per non congelare al ritorno, quando quella casa in un condominio di anziani, col riscaldamento settato al volume della chitarra di Kurt Cobain e dove, al primo piano, si atava in maglietta anche per Natale, mi accolse paciosa.

Questo è l’aneddoto.
Allora Smells Like Teen Spirit voleva dire qualcosa per qualcuno, e per la prima volta forse parlava direttamente alla mia generazione: ero abituato, infatti, a rocker più adulti di me, mentre Cobain e Novoselic mi precedevano di poco, e Grohl era addirittura più giovane di me.
Insomma, era lì ora come si dice del buon rock. Chitarre così era una vita che non se ne sentivano, e sarebbero divenute il marchio temporale di un’epoca con diversi cantori, dagli Smashing Pumpkins a Douglas Coupland, a David Foster Wallace.
L’ultimo tempo senza internet, e mi verrebbe da dire anche l’ultimo tempo del rock ma non sarei né generoso né lungimirante.

Certo, Smells Like Teen Spirit qualcosa è stato, qualcosa di difficilmente definibile. Nel video della parodia che ne fece “Weird Al” Jankovic appariva anche Dick Van Patten, il padre della famiglia Bradford, come a sottolineare che c’era un legame generazione che univa qeul pezzo, pur storpiato, a una generazione che ebbe in regalo il simbolo di quel riff incattivito e di quel testo un po’ sbilenco ma così signficativo nel suo oh well whatever nevermind.