27 Aprile 2024
Sun

Alan Pauls, La metà fantasma (trad. Maria Nicola), SUR, Roma 2021

Ottimo scrittore di «fabula» ma deficitario in intreccio e mosse del gioco narrativo, Alan Pauls in questo libro porta sulla scena una pallida e indifferente Buenos Aires, una mortale Berlino e diverse idiosincrasie.

Il protagonista Savoy ci pare antipatico. Non possiede alcun elemento che lo possa far risultare «Uno di noi»: accumulatore seriale di visite ad appartamenti dove non intende ne traslocare né affittare e neppure ristrutturare, collezionista di monetine di tutti i paesi del mondo che vengono fuori come funghi, frequentatore dei siti «Tuttoquellovuoi.com» e «Chatroulette» – vive una vita scombussolata e miserrima divisa tra Skype e le visite agli appartamenti rispetto ai quali vuole «ristrutturare» la propria visione del mondo; come Diogene di Sinope (detto «il cinico») egli «cerca» – attraverso gli appartamenti – non l’uomo ma l’interiorità che li ha abitati.

E la lanterna di Savoy qual’è? Una «seduta spiritica» – non a caso egli sta cercando la sua Metà fantasma. Insomma se per Jean Paul-Sartre valeva che «L’inferno sono gli altri» per Savoy vale adesso che «Il paradiso» sono gli altri – gli altri abitatori delle case che sta andando a osservare e gli altri proprietari di oggetti che intende acquistare.

Ma un giorno irrompe Carla. E un altro giorno irrompe Castro. Due donne.

Forse la Metà fantasma si trova esattamente nella confluenza fra le vite di queste due donne o forse, solamente, Carla è l’amore – la «Meta» (e non la «Metà») realissima che deve far si che il «fantasma» venga evocato con la lanterna. Che capta interiorità sparse e accartocciate attraverso lunghi elenchi di oggetti di uso quotidiano – fabula nella fabula.

 

Alan Pauls deborda quanto a narrazione, infittisce le pagine, disgrega la trama ma alla fine ci consegna un romanzo che non è affatto non riuscito ma che non è nemmeno riuscito (probabilmente) come l’autore intendeva che riuscisse. Ci sono diverse «Metà» lungo la narrazione del romanzo: «Il bigliettino gli sporge da sotto il collare come la punta del colletto di una camicia. Faccio schioccare le dita di una mano e lo allontano con l’altra. Pŭnktechen si gira solo a metà, crede che gli abbia lanciato qualcosa perché me lo riporti. Sì, gli ho lanciato la mia vita, la mia povera vita dimezzata, perché mi riporti l’altra metà e mi rifaccia eterno, intero».

Platone nel Simposio scrive: «Innanzitutto, i generi degli uomini erano tre, e non due come ora, ossia maschio e femmina, ma c’era anche un terzo che accomunava i due precedenti, di cui ora è rimasto il nome, mentre esso è scomparso. L’androgino era, allora, un’unità per figura e per nome, costituito dalla natura maschile e da quella femminile, accomunate insieme, e nella forma e nel nome, mentre ora non ne resta che il nome, usato in senso spregiativo (…) Erano terribili per forza e per vigore e avevano grande superbia, tanto che cercarono di attaccare gli dèi (…) Zeus e gli altri dèi allora tennero consiglio per decidere sul da fare e rimasero nel dubbio (…) Dopo aver a lungo meditato Zeus disse: “Mi pare di avere un mezzo che permetterebbe che gli uomini possano continuare  a esistere, e divenuti più deboli cessino di essere così sfrenati. Infatti – io li taglierà ciascuno in due».

Ma altri «dimezzamenti» sono quello di Carla che, in qualità di house sitter, vive nelle case (a differenza di Savoy che le va solo a vedere) che non saranno mai sue. Ma ancora: se l’amore a un certo punto – da parte di Savoy a Carla viene dichiarato e rivelato – non è ancora detto che non si tratti di un amore – come gli uomini androgini perfetti di Platone – che non sia «dimezzato» a sua volta.

E poi Renée che vive una vita «tagliata a metà» (fantasma di se stessa, probabilmente) tra un amicizia per Savoy che non diventa mai qualcos’altro. E poi ancora la piscina: luogo nel quale si incrociano le vite e luogo nel quale  si consuma lo stesso tipo di interazione che c’è su «Chatroulette». Scrive infatti Pauls: «Il tipo di interazione proposto dal sito, quegli scambi fugaci, fortuiti, che lui con il suo sempiterno Novecento a fior di pelle, non poteva non associare all’incrociarsi di due passeggeri seduti accanto ai finestrini di due treni che, viaggiando in direzioni contrarie, si fermassero per puro caso su binari contigui in una stazione qualsiasi, di preferenza a una frontiera per maggiore effetto drammatico, e venivano a trovarsi l’uno di fronte all’altra per lo spazio di due o tre minuti, appena il tempo perché potesse salire o scendere dai convogli il proverbiale contingente di poliziotti con i cani, e perché poi l’addetto agli effetti scenici facesse partire la macchina del fumo e i due personaggi, guardandosi negli occhi, capissero che erano fatti l’una per l’altra prima di allontanarsi per sempre – trascendeva la cornice e la velocità di controllo tipiche delle reti sociali che avevano finito per metterlo fuori gioco».

Nell’ «incrociarsi di due passeggeri» c’è tempo per Castro, bambina e altra Metà fantasma di qualcosa che è rimasto inespresso. E un volo per Berlino. E un lago. E una morte. Resta sempre fermo il fatto che: «Se era una storia di vendetta, doveva esserci un fantasma. Anche solo il fantasma di un piacere morto. Savoy ricordò la pressione deliziosa, il tocco di due dita fragili, disperate, che sentiva alla base del cranio, vicino alle orecchie, tutti i giorni, da quando si alzava dal banco fino a quando usciva dalla classe e si allontanava lungo il corridoio: gli occhi laser di Castro che lo puntavano , lo chiamavano, lo supplicavano di voltarsi e di guardarla ancora una volta prima di sparire in quell’aldilà per il quale aveva deciso di lasciarla».

Questa «seduta spiritica» ha captato diversi «fantasmi» – uno più importante dell’altro ma anche uno più pericoloso dell’altro. Cercando cerando Alan Pauls ci ha posti di fronte all’ «Irrimediabile» (oltre che all’«Irredimibile»). Siamo esseri scissi, fratti, frattali e la nostra Metà fantasma è troppo difficile da raggiungere.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.