13 Ottobre 2024
Sun

Niccolò Rinaldi, Un alfabeto d’identità – Scoprire Firenze, Mauro Pagliai Editore – Leonardo Libri, Firenze 2022, pp.128

Un atto d’amore per Firenze. Questo è, in buona sostanza, il libro del viaggiatore e attuale funzionario UE, Niccolò Rinaldi. Un atto d’amore in forma di alfabeto, dalla A alla Z, alla vecchia maniera dell’alfabeto italiano di ventuno parole che rivelano tutta la forza e la meraviglia della storia di Firenze, delle sue pietre miliari architettoniche e monumentali, dei suoi cantori che hanno modulato una lingua diventata patrimonio della nazione, delle sue spigolature gastronomiche, politiche, religiose e culturali.

A me piace molto la lettera B come Beffa, perché dentro a questa parola che è un universo ci stanno tante caratteristiche non soltanto dei fiorentini, quanto dei toscani in generale. Non è un caso se la famiglia Machiavelli avesse legami con la zona di Montespertoli e San Casciano Val di Pesa, Boccaccio fosse di Certaldo, la famiglia della madre di Carlo Lorenzini detto Collodi fosse della zona di Pescia. L’autore riporta come esempi di beffe clamorose La Mandragola, Il Decamerone, Pinocchio, per parlare delle opere famose dei tre scrittori citati sopra. Così come Mario Monicelli era di Viareggio, anche se il film-culto Amici Miei è ambientato a Firenze. Tutte queste opere dimostrano quello che già un toscano sui generiis, Eric Suckert ovvero Curzio Malaparte, sostiene nel suo pamphlet Maledetti Toscani, e cioè che i toscani piangono ai matrimoni e ridono ai funerali. Sono in poche parole dei bastian contrari cui ben si addice lo scherzo impenitente, cioè la beffa.

Molto interessanti sono i capitoli sulla Lingua e sulla Moda, che ricordano un primato di Firenze che ben si addice alla sua grandezza di città-stato (potremmo definirla così), come anche Oriana Fallaci sembra indicare quando dice che a chi le chiede di quale nazione sia, lei risponde: Firenze. E non Italia.

Col capitolo dedicato alla parola Hotel, Rinaldi mette in scena un tema attualissimo, quello del turismo che sta fagocitando in maniera espansiva case e palazzi del centro storico, dove i residenti sono allontanati dall’instaurazione di bed&breakfast o di stanze dedicate esclusivamente ad airbnb, cioè al turismo mordi e fuggi. Un bel problema che i due anni del Covid-19 hanno mostrato in tutta la sua virulenza. Infatti, senza un progetto serio di città, il monoutilizzo a fini turistici del comparto economico urbano crea disequilibri sociali e questioni serie di mantenimento di un’economia salutare.

Tutto da leggere il capitolo sulla Ribellione, dove un breve excursus storico dimostra, con riverenza e sconfinato amore per la città, quanto Firenze (e ancora i toscani, dovremmo dire) è peculiare.

Le pagine 102 e 103 del capitolo sui Viaggiatori sono un emblema di quanto Firenze sia stata al centro dei viaggi in varie epoche della sua storia, coprendo con i nomi dei suoi cittadini illustri tutto il globo terracqueo. A me piace ricordare Fosco Maraini e Oriana Fallaci su un numero enorme di nomi che dal ‘500 in avanti hanno ridefinito rotte e conoscenza dei continenti.

Un bel libro dunque, adatto a una lettura anche estiva, che ha come unica pecca forse l’eccessivo sentimento positivo dell’autore per la sua città. Infatti che sia esistita una Firenze etrusca non è proprio preciso. Se gli etruschi hanno albergato a Fiesole, ciò non significa che esistesse Firenze, né che la parola etrusca citata nel libro come birenz, cioè palude, potesse indicare neanche un prodromo di nucleo urbano. Firenze è certamente città di fondazione romana (Florentia) e questo basti, con buona pace di chi non vuole sentirsi secondo a nessuno. Altre città toscane sono state fondate realmente prima di Firenze e prima di Roma, ma non è certo nei primati che si individua l’identità di una città, quanto da ciò che nel corso dei secoli i suoi cittadini sono riusciti a fare urbi et orbi. Lo scrittore Giorgio Manganelli, per esempio, definiva Roma “un borgo tardoetrusco a sud di Volterra”…

Concludo questa lettura del libro di Niccolò segnalando convintamente la mia adesione all’auspicio dettato in premessa al libro da Anna Balzani, che spera in una prossima edizione con la lettera D dedicata alla parola Donna. A sostegno di questa tesi, la giornalista porta il nome di Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima discendente della ricca famiglia fiorentina, che decise di vincolare i beni di famiglia a Firenze e alla Toscana, come beni pubblici di tutti i fiorentini e i toscani. Se questa donna non avesse imposto giuridicamente il segno di questo mandato oggi Firenze non sarebbe quella che tutto il Mondo ammira.