7 Dicembre 2024
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Calore o caloriferi? Civiltà politica

Un atomo di carbonio e quattro di idrogeno. Questi sono gli idrocarburi che vengono usati per produrre energia termica. Un atomo di carbonio e quattro di idrogeno: una reazione chimica che da parte del metano comporta (con l’aiuto dell’ossigeno) lo sviluppo di calore e radiazioni.

Calore estivo, In questa stagione balneare ne abbiamo avuto tanto.

Il metano si trova in natura sotto forma di gas. Elettricità e gas sono due forme di energia. Il calore dei caloriferi (dall’autunno per il Nord Italia e in inverno per il Sud) mette in pericolo l’economia del Paese. Mentre il calore estivo ha messo a dura prova la nostra salute, anche mentale. Tra economia e salute si registra allora un aumento del prezzo delle bollette di luce e gas e un’Italia che forse è uscita dallo stato di emergenza sanitaria, ma certamente non da quella geopolitica, riferita allaRussia e all’Ucraina.

La nostra salute è in pericolo? Lo è stata negli anni del Covid-19 e forse lo sarà in questo autunno che abbiamo davanti. Bisogna ridurre le spese, contrarre i consumi, cercare di soddisfare solo i bisogni primari e sperare che non ci vengano malattie debilitanti.

Un atomo di carbonio e quattro di ossigeno. L’Italia dovrebbe, si dice, investire sulle rinnovabili: eolico, idrico, nucleare. Perché ha ridotto di quasi la metà (dal 45% al 25%) l’importazione di gas dalla Russia. La politica statale sta cercando alternative, tipo in Algeria.

 

La politica può trovarsi in uno stato instabile o in uno stato di stabilità. Se vincesse le elezioni del 25 settembre Giorgia Meloni si creerebbe uno stato di stabilità o di instabilità nel Paese? Se a vincere le elezioni fosse, invece, Enrico Letta che succederebbe?

L’economia ci dice che, in caso di instabilità politica, quello che avviene è che lo Stato il quale, già per sua natura, tende a indebitarsi con altri soggetti economici (le banche, tanto per fare un esempio) per l’acquisizione di titoli di Stato, se la dovrebbe vedere con lo spread. La Germania viene giudicata un economia forte per cui si prende come titolo di riferimento il Bund – l’Italia ha i Btp. Se questo differenziale (che, in sostanza, è lo «spread») si innalza vuol dire che non ne vanno di mezzo i titoli dell’economia forte ma i Btp italiani. Se questo avviene (e questi Btp perdono di valore) gli altri soggetti economici (creditori dello Stato) vogliono più soldi dallo Stato e quindi aumenta il famigerato debito pubblico. Chiaramente tutto questo se c’è instabilità politica.

 

L’inflazione alle stelle, la crisi climatica, i 55 punti del Pnnr che Roma deve raggiungere entro la fine dell’anno. Quindi, in caso di un risultato elettorale che producesse instabilità politica, non si starebbe parlando semplicemente di soldi dei cittadini, cioè bollette che aumentano e prezzi dei beni alimentari che lievitano, ma si starebbe parlando di una crisi economica e sociale senza precedenti.

Lo stato delle cose fa venire i brividi solo ad elencare alcuni fatti: adolescenti che leggono ma non sanno quello che leggono; reality-shows; aumento indiscriminato dei femminicidi; gossip estivi impostati su Totti/Hilary; la scuola che viene fuori da due anni di misure anti-Covid; la fine del concetto di autorevolezza dovuta all’avvento dei social network…

Si tratta, per chi vincerà le elezioni il 25 settembre, di prendere in mano un Paese nel quale le decisioni politiche vanno deliberate in accordo con la UE, ma anche con le dinamiche della globalizzazione (e con le sue regole). Si tratta di prendere in mano un Paese disorganizzato, approssimativo, profondamente mutilato rispetto al suo patrimonio culturale e alle ricchezze possibili derivanti dal buon funzionamento del mercato delle piccole e medie imprese (che stanno chiudendo – o minacciano di chiudere – a causa del tracollo inflattivo) e di farlo transitare tra due scelte altrettanto possibili: ancora populismo o un tentativo diverso di cambiare le cose?

 

Sanità, assistenza e istruzione (le tre storiche), aree dello stato sociale saranno il terreno di scontro/incontro tra il centro-destra e il centro sinistra. Perché? Perché tra calore e caloriferi, tra estate e autunno, tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta c’è ancora spazio forse per pensare che quando una società produce qualcosa come una serie di persone “che stanno male” non è una questione di centro-destra o di centro-sinistra. Come direbbe Nanni Moretti: è una questione di civiltà!

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.