27 Luglio 2024
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Esercito del lavoro e povertà

Ce la ritroveremo tra i piedi nel 2020 e anche dopo, la povertà di massa. In Italia, ce lo dice l’ISTAT, ci sono oltre 1,8 milioni di famiglie povere, per un totale di 5 milioni di individui. I dati sono stabili dal 2016. Poi c’è la “povertà relativa”, ovvero il consumo pro- capiteminore di quello medio nazionale, e qui le famiglie sono 3 milioni, per un totale di quasi 9 milioni di individui. Insomma, ci sono 14 milioni di persone definibili, nelle varie categorie statistiche, come “poveri”. Poi ci sono quei poveri di tipo marginale, ovvero quelli che possono sopravvivere, anche pagando un affitto minimo, poi però non possono affrontare alcuna altra spesa immediatamente necessaria: sono 5 milioni di poveri. Così, in totale, siamo arrivati a 19 milioni.

Ah, dimenticavo i “lavoratori poveri”, che sono i 2/3 dei nuovi contratti regolari. Può esistere un Paese di 60 milioni di cittadini con almeno 20 milioni di poveri? No, e tutto ciò che sostituirà la piattaforma d’affari denominata “5 stelle” dovrà prendersi immediatamente cura del problema. Dopo il nostro declino industriale, maneggiato da magistrati saccenti, come all’ILVA di Taranto, occorrerà un grande piano ben diverso dal “reddito di cittadinanza”. Roba da ridere: con un investimento di 3 miliardi di euro, hanno trovato lavoro, secondo due diverse statistiche, mille persone su 704.595 beneficiari. L’ANPAL ha parlato invece di 18.000 persone.

Se fosse vera questa seconda e ottimistica versione, ogni nuovo lavoro sarebbe costato 166.666 euro, e quasi tutti i lavori del “reddito di cittadinanza” sono comunque a tempo determinato. I collocati sono l’1,8% dei percettori. Dei 704 mila percettori del sussidio non più del 40% ha le caratteristiche per essere avviato al collocamento. Quindi, questo meccanismo è fallito ed è costoso. Ma cosa fare per i poveri? Ecco, qui mi viene in mente un vecchio libro, che i nostri politicanti certo non avranno mai letto, che è “Abolire la miseria” di Ernesto Rossi. La prima edizione fu del 1945, la seconda nel 2002.

L’idea di Rossi, geniale economista e durissimo manager statale, di formazione liberale-liberista, era quella di garantire un minimo sufficiente di beni e servizi essenziali senza regalare nulla a nessuno e senza mai sopprimere le “necessarie diseguaglianze” tra pigri e laboriosi, tra inetti e capaci. Una idea che si ritrova anche in Von Hayek, per esempio, con il suo “livello minimo uniforme di reddito”.

Ma cos’è che caratterizza l’idea di Ernesto Rossi? L’Esercito del lavoro, ovvero un adattamento in termini pacifici del servizio di leva in cui donne e uomini sono destinati alla produzione di beni primari. Quindi, per tutti i membri dell’Esercito, vi sarebbe stato vitto gratuito, abitazioni ad hoc e gratis, vestiario standardizzato.

Con un lavoro definito e di base, quel lavoro che, solitamente, concede poco profitto agli imprenditori che lo svolgono. Un “pezzo di comunismo”, diceva Rossi, un liberale che oggi definiremmo “di destra”, “inserito in un normale sistema liberale”.

Sempre in “Abolire la Miseria”, Rossi ci racconta la prassi del suo Esercito. I giovani dei due sessi sarebbero, alla fine del loro iterscolastico, inseriti nella struttura del lavoro, per almeno due anni. Col prodotto del loro lavoro si dovrebbero mantenere almeno loro stessi, poi produrre i beni primari a tutte le persone che ne facessero richiesta, povere o ricche. E la struttura toglierebbe dall’assistenza statale quel tono umiliante di elemosina, che ha finora avuto. Poi, l’Esercito del Lavoro insegnerebbe la solidarietà tra i vari giovani di diverse classi sociali.

Oggi sembra una folle idea socialista, ma questa “Leva del Lavoro” mi sembra una buona soluzione anche educativa per i giovani d’oggi.

Oggi, nel nostro Paese, il 22% degli adulti ha fatto uso di qualche sostanza. La cannabis è usata da 23,5 milioni di persone di cui 17,1 milioni di giovani fino ai 34 anni, mentre la cocaina è assunta da 3,5 milioni di persone.
Quindi, a rieducazione alla Realtà del mondo giovanile educato al nulla è quell’Esercito del Lavoro che li bloccherebbe per almeno due anni, e poi li rimanderebbe nel “mercato del lavoro” da adulti e affidabili giovani, usciti dal nulla delle discoteche giornaliere, dello sballo, dal rifiuto del lavoro, dalle scuole che non valgono ormai niente.