19 Aprile 2024
Sun

Paolo Fontanelli – Franco Marmugi, Tirrenia 1982, MdS Editore, Pisa 2022

Cosa c’entra la coppa del mondo con Berlinguer?

Lo hanno già ricordato tutti. Nel 1982, quaranta anni fa, la nazionale di calcio italiana vinceva il suo terzo campionato del mondo in Spagna. Fu un evento pazzesco, in cui eravamo sfavoriti dai pronostici, criticati dalla stampa, e la squadra aveva fatto un girone iniziale sotto tono.
Durante quei mesi estivi, mentre i calciatori si davano da fare sul campo di gioco, qualche centinaio di militanti del Partito Comunista Italiano spendevano il loro tempo libero e le loro ferie per disboscare e costruire uno spazio immenso da adattare a villaggio per il Festival nazionale dell’Unità. Questi compagni si davano appuntamento a Tirrenia, presso gli ex-stabilimenti della Cosmopolitan di proprietà di Carlo Ponti, marito di Sophia Loren.

Il libro Tirrenia 1982, di Paolo Fontanelli e Franco Marmugi racconta con testi e immagini proprio questa avventura, non meno difficile di quella della nazionale di calcio, non meno memorabile per chi c’era. E io c’ero. Per pochi giorni, ma ho partecipato a quella festa. Non avevo ancora 18 anni: lavorai qualche giorno al bar gestito dai compagni di Follonica, si dormiva in tenda, vidi il concerto dei Genesis e ascoltai il comizio di Enrico Berlinguer.
Rammento poco di quei giorni, ma alcune cose le ricordo con nettezza. Per esempio il lancio in aria delle bottiglie d’acqua di plastica durante il concerto della band inglese, che sembravano un cielo di palloncini che si alzavano e ricadevano. Per esempio la sveglia dovuta alla pioggia forte una mattina presto che inondò le nostre tende da campeggio, mentre Roberto continuava a dormire, nonostante gli fosse caduto un ramo accanto al sacco a pelo…

Davanti a questo libro semplice e prezioso si torna un po’ in quel posto, a Tirrenia in quell’estate. Sono le immagini del serrato reportage fotografico di Marmugi a ricondurci là, ma anche il racconto di Fontanelli, senza sbavature, nostalgico in maniera equilibrata e denso di informazioni che fanno capire concretamente l’entità enorme di quella avventura umana, politica, architettonica e organizzativa.

Inoltre, l’intuizione sorprendente del libro sono le pagine riprese direttamente dai documenti d’epoca rinvenuti nell’archivio della Federazione del PCI pisano di via Fratti (oggi conservato presso la Biblioteca Franco Serantini). Con la grafia delle macchine da scrivere del tempo e con l’impaginazione a mano dei documenti possiamo capire realmente quante persone lavorarono a quella festa, di cosa si sarebbero dovute occupare, quali fossero le quantificazioni delle squadre operative e direttive, chi fossero quelle persone, visto che si elencano spesso anche i nomi dei compagni responsabili, dei vice, degli operativi, e anche da dove arrivassero, cioè quali federazioni o direttivi comunali fossero coinvolti nella costruzione e poi nel mantenimento e nella conduzione del Festival de L’Unità che a Tirrenia nel 1982 tenne attivo il popolo della sinistra della costa toscana (di cui Pisa era e crediamo continui a essere capitale) e coinvolse gente da tutta Italia e da altri Paesi europei, arrivando ad avere presenze per oltre 2 milioni durante tutto l’arco della festa.

Il finale, con il comizio di Berlinguer, dedicato soprattutto al tema della pace – tanto più urgente oggi, in questa Europa timida e impaurita – vide lo spazio arena della festa riempirsi di centinaia di migliaia di persone. Qualcuno, forse preso dall’entusiamo, azzardò che fossero più di 800mila; alcuni giornali dissero che il Festival de L’Unità quel giorno era diventata la città più grande della Toscana con oltre mezzo milione di persone. Più cauto e disincantato lo stesso Enrico Berlinguer confessò ai compagni del direttivo a fine festa qualcosa che suonava più o meno così: “Di comizi un po’ me ne intendo e oggi a quello di Tirrenia non c’erano più di 350mila persone”.

E oggi in tanti vorremmo dire a Berlinguer che se il segretario di un partito ha spostato anche “soltanto” 350.000 individui, significa che quell’uomo aveva una forza enorme, ma anche un partito vivo alle spalle.
Ancora oggi quando ripenso ai miei 17 anni nella pineta di Tirrenia mi prende qualcosa che non so ben definire, ma che so perfettamente dove va a incastrarsi: è un sasso in gola misto a una certa sensazione di umido agli occhi.
Ancora oggi, se mai avessi da dare un suggerimento a qualcuno che volesse avvicinarsi alla politica gli direi di cercare gente con un ideale di uguaglianza e libertà e di cercare un partito vero, dove ci si rispetta e si discute con gente in carne e ossa, dove non si mettono nomi di nessuno nel simbolo. Queste sono basi essenziali e sono il seme indiscusso di una forza che voglia definirsi democratica e progressista.