19 Aprile 2024
Voice of Jerusalem

Oltranzisti israeliani: Trump vuole fregarci

Ci siamo! Il 1° luglio è arrivato. Inizia il periodo in cui, secondo l’accordo di governo, il primo ministro israeliano Netanyahu può presentare il piano per l’annessione di parti della Cisgiordania. Ormai la comunità internazionale è schierata, sappiamo chi è a favore dell’annessione e chi è contro. Ovviamente i palestinesi sono scoraggiati: “qui la situazione non cambierà per niente – dicono in molti – che si chiami occupazione o annessione”. L’annessione è già lì, da anni, e basta fare un giro per la Cisgiordania per vederlo con una chiarezza.
Ma non è chiaro quale sia il pensiero prevalente nella società israeliana. Mentre Netanyahu prende tempo – “continueremo a lavorare nei prossimi giorni”, ha detto martedì 30 giugno dopo avere incontrato l’inviato USA in Medio Oriente – c’è anche chi è così a favore all’annessione che, così com’è (o come sembrerebbe essere) non la vuole, gli sembra una fregatura. È il caso di David Elhayani, capo degli insediamenti di Giudea e Samaria, in pratica il capo dei coloni oltranzisti di Cisgiordania. Per meglio comprendere cosa Elhayani pensa, riporto stralci da un’intervista a Ravit Hect, pubblicata su Haaretz lo scorso 17 giugno.

Elhayani è un membro del Likud, il partito di Netanyahu, ma è un suo forte oppositore, cosa quasi unica al giorno d’oggi. Lo è da quando sono volati assieme a Washington lo scorso gennaio, è lì che ha capito la fregatura, è cioè che il piano Trump è semplicemente un piano di spartizione, e dall’altra parte ci sarà lo Stato dei palestinesi. Dall’euforia alla depressione, all’incubo.
Ai primi di giugno, Elhayani ha detto che “Trump non è amico d’Israele”. Apriti cielo! Dal Likud gli hanno risposto con durezza che “Trump non è solo un amico d’Israele, ma un amico degli insediamenti. Elhayani sta lavorando contro i suoi stessi interessi”.
Ma Elhayani non demorde. Ha mostrato un video in cui l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, David Friedman, parla di uno stato palestinese. “Questa è la persona più di destra tra loro, e dice che Israele ha determinato i confini dello stato palestinese”. Friedman è ingannevole nel vendere solo la parte della sovranità, dice Elhayani, senza rivelare agli israeliani che alla fine ci sarà anche uno stato palestinese.  Quindi lo Stato palestinese esisterà! Piccolo, ridotto a poco più di niente, ma esisterà, ed è questo che non va giù ai coloni. Questa è una truffa, dice Elhayani, e bisogna dire a Trump: “stai mettendo in pericolo la sicurezza dello Stato di Israele”.
È la teoria del tutto o niente: “Se così andranno le cose, non voglio la sovranità – dice Elhayani –. Continueremo a vivere come siamo e tutto andrà bene. Quando vedo cosa sta succedendo a Gaza, quei 400 chilometri quadrati che tengono il paese per le palle e stringono quando ne hanno voglia, non voglio quello moltiplicato per dieci nel cuore di Israele. Quindi la mia posizione è: no grazie!”.

Elhayani parla anche dei palestinesi della valle del Giordano. Parla della necessità di migliorare i comportamenti nei loro confronti, e critica Israele per averli trascurati. “Chiedi a qualsiasi palestinese qui cosa vuole. Ti dirà che vuole una carta d’identità israeliana. E d’altronde non puoi prendere le persone e non essere responsabile per loro. Sto parlando di 6.400 persone nell’area C [la parte della Cisgiordania sotto il pieno controllo israeliano].” E questo non sarebbe un problema, anche se andranno a votare per la Joint list (la lista araba), non cambierà certo la mappa politica d’Israele. “Avranno altri due posti alla Knesset – e allora? Se lo stato ha un problema, troveranno una soluzione. Certamente non possiamo avere i palestinesi delle aree A e B (le aree urbane)”.E allora che tipo di soluzione avrebbe Elhayani per loro? I palestinesi voterebbero oppure no? “Potrebbero avere l’autonomia. Potrebbero essere residenti e non cittadini, come il modello di Gerusalemme est”.
Sembra ragionevole a Elhayani che nello stesso territorio possano esistere persone che votano per un parlamento e altre che non potranno farlo, solo su base etnica? Non è apartheid, questo?“No, non è apartheid. Se la mancanza di uguaglianza è apartheid, sento di averlo già, perché un cittadino arabo può andare all’università a 18 anni e io non ho questa opzione; sono obbligato a prestare servizio nell’esercito. Ho molti amici arabi israeliani che non credono alle cazzate della Joint List sulla mancanza di uguaglianza. Voglio anch’io la loro uguaglianza. Voglio essere un arabo, vivere dove voglio, su qualsiasi appezzamento di terra che voglio. Non voglio pagare tasse o bollette dell’elettricità e collegarmi alla rete qui a buon mercato, e non prestare servizio nell’esercito”.

Insomma, l’annessione così com’è (o come potrebbe essere) è una questione di vita o di morte, per Elhayani e i coloni che rappresenta. “A Washington mi sono reso conto che la nostra storia era finita”, dice. “Finché Barack Obama era presidente, eravamo uniti. Se c’è l’annessione, non saremo più necessari. Ma noi continueremo a combattere”.
Ovviamente, tutta la società israeliana non è su queste posizioni, sarebbe come dire che tutti gli italiani sono sovranisti. Elhayani mostra che il dibattito in Israele sull’annessione è quasi esclusivamente a destra. Ma in un momento in cui a giro per il mondo sono al potere Trump, Putin, Erdogan, Bolsonaro, e la destra sovranista europea si manifesta con forza, anche qui esiste un sovranismo israeliano.