6 Dicembre 2024
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La fine della sanità pubblica?

È stata la pandemia del Covid-19 a rivelare, a tutti, che la sanità pubblica era in forte crisi.

Tra Italia e USA meglio la penisola
Ma il processo di progressivo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale (nato con la legge 833 del 1978, prima firmataria Tina Anselmi) è ormai evidente. È strana la permanenza del mito secondo il quale “privato è meglio”, anche dopo che Obama ha riformato, grazie a John Galbraith (discendente dell’omonimo e vecchio economista-romanziere di JFK) la sanità Usa. Il provinciale ha bisogno di molto tempo, per aggiornarsi.
Gli economisti, o quelli che si definiscono tali, ci dicono che è oggi impossibile mantenere il SSN, ovvero che bisogna fare come gli Usa, dove occorre avere la carta di credito tra i denti per essere salvati. Inoltre che il SSN è troppo “caro” e “non potremo più permetterci lo Stato Sociale”, come disse Mario Draghi nel 2012.
Non è affatto vero. Gli Usa sono un modello failed, con 56,2 milioni di cittadini americani che vivono sotto la soglia di povertà. E il patto sociale occulto, secondo cui gli elettori accettano una fiscalità tenue al posto della sicurezza sociale, è una balla vera e propria.
Le Repubbliche dell’Olivo, come chiamano negli Usa i Paesi mediterranei, hanno ragione e loro hanno torto. Anche se la pressione manipolatrice dei teorici della bassa pressione fiscale è egemone, ancor oggi, nei mass-media.

 

I dati del Servizio Sanitario
Ora vediamo i nostri dati: al nostro sistema sanitario sono mancati, negli ultimi dieci anni, finanziamenti per 37 miliardi, di cui 25 nel solo arco 2010-2015.
Siamo passati dai 530.000 posti-letto del 1981, di cui 68mila solo per l’area psichiatrica, fino ai soli 365.000 del 1992, poi dai 245.000 del 2010 fino ai 191.000 del 2017. Ultimo dato disponibile. I dati sono dell’ISTAT. Ma confermati dalla ANAAO.
Certo, anche la diminuzione della popolazione italiana è stata evidente: dal 2014 al 2018, la massa demografica nazionale è diminuita di 677.000 persone, con un crollo verticale delle nascite che è ormai operante dal 2008.
In rapporto al numero di abitanti, ce lo dice l’ISTAT, siamo passati da 5,5 posti-letto ogni 100 abitanti, nel 1998, ai 3,6 del 2017.
Per l’Eurostat si dovrebbe calcolare perfino il 3,2/100, ma qui non si contano i posti nelle strutture accreditate.
I medici dell’ANAAO, nelle loro statistiche, ci riferiscono poi che le strutture private accreditate sono presenti, guarda caso, soprattutto in Lazio, Campania, Sicilia. Dato anomalo quello della Lombardia, con ben 72 ospedali privati.
Privati, però, per modo di dire: su 1165 istituti di cura (2010) il 54% sono pubblici, ma sono anche il 46% i privati accreditati. Che risultano spesso oggetti strani: la spesa sanitaria 2019 è stata, in totale, di 877.346.939.404 euro. Per il 26% del suddetto bilancio, si tratta comunque di trasferimenti ai privati convenzionati.

 

I tagli negli ultimi anni
Il governo di Mario Monti fu il primo a imporre un taglio orizzontale del 5% su tutte le ASL e per tutti gli ospedali, il che ha portato subito al taglio di 7389 posti letto tra Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia. Il numero di ricoveri medi, per 100.000 abitanti, si è abbassato in quella fase da 180 a 160.Poi, durante il governo Renzi, nel 2015, fu varata la legge di Stabilità che chiedeva alle Regioni 4 miliardi di contributo alle casse statali.
Non sapendo da dove prendere i soldi, le Regioni decisero di rinunciare all’aumento di due miliardi di trasferimenti per le spese sanitarie.
Poi la spending review ha fatto passare, negli anni successivi al 2012 (data della prima contrazione di spesa) dal 5,2% delle spese sui dispositivi sanitari di protezione fino al 4,0% e oltre.
Poi è arrivata la famosa “quota 100” del governo 5Stelle-Lega, che manderà a casa, sempre sui dati ANAAO, 70mila dipendenti sanitari entro il 2023, su un totale attuale di 100.500. Per il blocco del turnover, poi, mancano ancora 8000 specialisti, che dovranno diventare perfino 17mila nel 2025.

Ma ritorniamo ai posti-letto, vero punto dolente dell’attuale situazione: nel 2010 il SSN aveva 244.310 posti per degenza ordinaria, con ulteriori divisioni tra privati, day hospitale altre forme di degenza. Ma oggi le strutture pubbliche, sempre su dati ANAAO, sono il 51,8% delle disponibilità, mentre quelle accreditate private sono il 48,2%.
Infine, grazie al federalismo, non esiste una sanità pubblica italiana omogenea, ma tante quante sono le regioni, le 225 ASL, le 1488 strutture governate dalle Aziende e, poi, le reti private.
Un disastro al quale, dopo la pandemia da coronavirus, occorrerà porre mano.